Una storia

Pubblicato il 23-07-2012

di Andrea Gotico

All'accoglienza femminile la cena è terminata. È il 24 giugno 2012, ore 20.30. Le ospiti trascorrono variamente le ore della sera. Il gruppo delle italiane è appena fuori dalla porta, nel cortile interno dell'Arsenale. Sedute su una panca, fumano una sigaretta e fanno quattro chiacchiere. Più in là, distanziate, ragazze nigeriane stanno tra loro. Nelle camere invece si sono già ritirate le signore che vengono dall'est Europa. Qualcuna di loro aveva acceso la tv, su un programma qualsiasi, andandosene poi dal salottino. Approfitto del momento tranquillo e cambio canale: stasera ci sono i quarti degli Europei, Inghilterra - Italia. Davanti alla tv si forma un gruppetto eterogeneo: una ragazza nigeriana, una congolese, un'angolana, un'italiana. Nazionalità diverse, storie diverse, caratteri diversi. Una è sempre gentile e sorridente, una sta passando un momento particolarmente difficile, una è chiusa in se stessa, al punto da rispondere a stento ai saluti… Ma questa sera scatta qualcosa. Donne abituate ad ignorarsi siedono vicine (a cena non succede mai spontaneamente), si lasciano coinvolgere, si appassionano alle sorti di una squadra che - secondo la nostra logica - non dovrebbe rappresentarle. Cos'è l'Italia per loro? Forse un tempo rappresentava il paese che avrebbe dato loro lavoro, un futuro sereno, ma la loro situazione attuale non conferma certo questa speranza. Mi dico però che l'Italia per loro è anche il Sermig, l'Arsenale. Un luogo che le ha accolte e sta cercando di fasciare le loro ferite, per aiutarle a ripartire più forti alla conquista di una vita dignitosa, degna, felice. Trascorre il secondo tempo, una va a prendere dei biscotti, un'altra la cioccolata. Mangiano insieme, tifando, commentando, saltando in piedi alle azioni più belle e disperandosi per i tiri mancati o in fuorigioco. Si arriva ai supplementari, poi ai rigori. La tensione è altissima, si prendono per mano e quasi trattengono il respiro.

Finalmente l'Italia vince. Usciamo in cortile a festeggiare, le ragazze si abbracciano e ridono, ogni tensione è sciolta. Si respira un clima famigliare, una "sorellanza" che le accomuna - che ci accomuna- nella passione per uno sport, nella voglia di entusiasmarsi per un gioco. Le differenze per un po' non si sono sentite, l'italiano, parlato bene o male, non importa, è stata la lingua comune, l'Italia, che al momento tutte ci ospita, il paese per cui tifare.
Questa notte, forse, si andrà a dormire un po' più serene. Per quanti pensieri possa avere ciascuna nella sua vita, almeno stasera abbiamo vinto.

m.c.

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