Un'estate con Mama Live

Pubblicato il 03-09-2012

di Andrea Gotico

Siamo quasi alla fine dell’estate, pronti con lo zaino in spalla per riprendere tutte le attività quotidiane che la vita estiva aveva interrotto. Come sapete, qui all’Arsenale non ci siamo fermati un secondo: siamo stati invasi da migliaia di ragazzi che si sono dati il cambio tutta l’estate per venire a formarsi e a darci una mano. Con 150 dei 2mila giovani abbiamo costruito un laboratorio che abbiamo chiamato “MamaLive - Le storie dell’Arsenale”.

Non chiedete niente sul titolo: ci abbiamo già riflettuto a sufficienza (titolo nato a partire dai dischi musicali dell’Arsenale: Mama vol 1 e 2.)
Lo schema è stato questo: inizio del laboratorio seduti in cerchio e un enorme punto di domanda al posto delle espressioni facciali dei ragazzi.
Prima domanda: come ti chiami? Hai delle abilità particolari? Sai ballare, cantare, reciti? Vi lascio immaginare la perplessità sui volti dei ragazzi, soprattutto negli uomini (quelli in canotta bianca da muratore, da macio duro) che si trovavano lì solo perché non c’era posto negli altri laboratori. Quindi, motivazione a -10.
Riccardo 17 anni: Ballare, cantare? Ma io gioco a basket, sono stonato come una campana e ballo così, così. Inizio interessante…

Con tutti gli occhi dei ragazzi fissi, sbarrati su di noi, iniziamo il laboratorio leggendo o raccontando una delle storie di accoglienza dell’Arsenale, che ha ispirato altrettante canzoni. Gli occhi dei ragazzi rimangono sbarrati, ma le mani passano dalla posizione di difesa alla posizione di ascolto: già un bel risultato.
Seconda domanda: Cosa vi dice questa storia? Che emozioni vi ha suscitato? La sentite vicina a voi? Le risposte, all’inizio timide, diventano poi un dialogo e un confronto dirompente. Perché avete scritto una canzone?

E noi: ti sei mai chiesto perché quando vuoi incorniciare un momento importante della tua vita, lo vuoi fotografare?
Oppure perché determinati artisti hanno fermato sulla tela o sulla pietra certe emozioni? Chi scrive canzoni fa la stessa cosa: blocca il tempo e vuole che l’emozione che ha vissuto in quella storia possa diventare un messaggio per tanti. Ecco perché l’Arsenale scrive canzoni, libri, pensieri: per non dimenticare, ma dare una vita continua alle emozioni e alle storie che si incontrano.

A quel punto le facce dei ragazzi sono disarmate e attente e allora cogliamo la palla al balzo: avete mai visto un musical? Facciamo rivivere questa storia attraverso i vostri corpi perché assieme alla musica il suo messaggio si possa amplificare. E così: inizio.

I ragazzi iniziano a tirare fuori le idee sceniche, mettono in comune le abilità, costruiscono delle coreografie e nel giro di poche ore ecco che la storia prende forma in una maniera semplice ma assai efficace. La frase più votata di questo momento: usiamo delle maschere bianche! Come se al mondo ci fossero solo quelle…
Tra una risata e molto sudore, alla fine della manciata di ore che avevamo a disposizione, i ragazzi sono sereni, altri pensierosi per la storia complicata e a volte dura che abbiamo raccontato. Eppure, siamo felici, perché ci sentiamo tutti possibili strumenti per aprire un po’ i cuori di chi ci guarderà e ascolterà.

E così gli stessi ragazzi, all’inizio scettici e titubanti, diventano protagonisti di storie incredibili, ma vere, dalla Signora Lucia, una barbona, alla ragazza dell’onda verde scappata dall’Iran: ruoli non facili da interpretare perché certe emozioni è più facile tenerle lontano che lasciare che ti cambino.
Molti ci sono riusciti ed è stato uno spettacolo vederli uscire dopo la serata finale dei campi con gli occhi di chi ha percepito di aver portato e vissuto un messaggio importante: è possibile, bisogna crederci.


Marco Maccarelli

foto A. Gotico

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