Chi ci assisterà domani?

Pubblicato il 07-03-2022

di Stefano Caredda

L'invecchiamento dei lavoratori domestici in Italia pone seri interrogativi sulla gestione futura dell'assistenza a domicilio.

Fanno da assistenti ai nostri anziani e ai nostri bambini o si occupano delle nostre case: sono le persone che lavorano nel comparto domestico, un settore nel quale sono più gli stranieri che gli italiani e che sta diventando col tempo sempre più vecchio. Dei circa 920mila lavoratori domestici regolari oggi in Italia, oltre la metà (480mila) ha ormai superato i 50 anni di età: un invecchiamento progressivo che non promette niente di buono per il futuro e che rischia di avere pesanti ricadute sul futuro stesso dell'assistenza a domicilio. Cioè, in definitiva, sul futuro delle nostre famiglie.

Una situazione fotografata da Assindatcolf, l'Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico, insieme al Centro Studi e Ricerche IDOS. In appena dieci anni è cambiato tutto: i giovani che intraprendono questa professione sono quasi spariti e ben 260mila lavoratori andranno in pensioneda qui al 2030, con altri 220mila che ci si avvicineranno molto. Fisiologico che accada così, meno fisiologico che non ci sia né oggi né all'orizzonte un adeguato ricambio generazionale. Dal 2012 ad oggi gli under 30 impiegati nel lavoro domestico sono calati di oltre il 60%, e di quasi il 50% sono calati i lavoratori fra 30 e 39 anni. Una tendenza che riguarda soprattutto gli stranieri, che sono la netta maggioranza degli assistenti domestici (complessivamente sette su dieci).

Il succo del problema allora sta tutto nelle parole del presidente di Assindatcolf, Andrea Zini: «Con il graduale invecchiamento della forza lavoro, il mancato ricambio generazionale e la chiusura dei canali di ingresso regolari per i cittadini extracomunitari a cui ormai assistiamo da anni e che la pandemia ha praticamente bloccato, rischiamo nel prossimo futuro di non avere personale a sufficienza che assista i nostri anziani, i bambini e che si prenda cura delle nostre case. A pagarne il conto più grande potrebbero essere le donne, sulle quali ancora ricade la maggior parte del lavoro di cura, in un momento storico in cui, al contrario, anche grazie ai fondi del Pnrr, si punta sull'empowerment femminile». «Nel 2020 – aggiunge Luca Di Sciullo, presidente di IDOS – l'Italia ha conosciuto il numero più basso di nascite dall'Unità d'Italia, appena 404mila, e un numero di morti paragonabile a un dopoguerra, 746mila.

Al tempo stesso, da 12 anni restano chiusi i canali regolari di ingresso per giovani lavoratori dall'estero, anche in comparti di attività dalla domanda crescente, come ap[1]punto quello domestico, e per settori economici in crisi di manodopera. In poche parole, il Paese invecchia drasticamente e noi ne impediamo il necessario ringiovanimento e il ricambio delle leve produttive». In definitiva, quando oggi nel dibatti[1]to pubblico si parla di flussi di ingresso con quote dedicate al lavoro domestico, quando si parla di attività di formazione per rendere più appetibile il settore ai giovani, quando si parla di misure fiscali come la deduzione del costo del lavoro domestico, si parla di cose molto concrete. Che potrebbero riguardare, già ora o un giorno futuro, la nostra casa e la nostra famiglia.

Rischiamo nel prossimo futuro di non avere personale a sufficienza che assista i nostri anziani, i bambini e che si prenda cura delle nostre case.

Stefano Carerdda
NP Dicembre 2021

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