Stagione in Chiaroscuro

Pubblicato il 14-01-2013

di Corrado Avagnina

di Corrado Avagnina - Giovani e fede. Serve un risveglio da parte di tutti: meno eventi di massa e più percorsi personali.

Dalla Spagna che naviga in cattive acque economico-sociali arrivano richiami da raccogliere perché, se sono anticipatori di qualcosa che potrà accadere pure dalle nostre parti, forse ci dobbiamo preoccupare.
Recentemente infatti a Valencia, ricordando i momenti caldi ed affollati della Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, si è tenuto un congresso sulla pastorale giovanile, partendo da una serie di dati accertati, che danno, ad esempio, il 50% dei ragazzi e degli adolescenti ormai dichiaratamente estranei alla fede. In pratica la metà delle nuove generazioni non sa più chi è Gesù di Nazareth, avendone sentito parlare poco o nulla, non provando nessun interesse per lui, rimanendo indifferente.

Una questione seria, che è figlia diretta di questi tempi emblematici di secolarizzazione, di post-moderno, di confusioni assortite… Ovvio che i numeri sono impattanti. Ma è anche vero che l’esperienza della fede è personalissima e va rapportata alla storia esistenziale di ognuno. Questi ragazzi (che non ci credono più) non sono extraterresti e non sono arrivati a questi sbocchi per puro caso.
Nascono e crescono in famiglie che faticano a coltivare uno sguardo di fede. I quarantenni e i cinquantenni di oggi sono pressati da mille input, entro ritmi di vita un po’ caotici, segnati dalla crisi che assilla, immersi nelle cose che si hanno o non si hanno, contagiati da obiettivi di piccolo cabotaggio per accontentarsi di un’esistenza più o meno appiattita e stanca.

Il riferimento al senso profondo del vivere, che può anche e soprattutto attingere alla fede, si stempera, si scolora, fino a naufragare, a perdersi. È la stagione odierna, con tutte le sue complicazioni su questo fronte delicato. Certo, resistono appigli religiosi, una tantum, che si rifanno a tradizioni più o meno radicate, ma la fede è ancora un’altra cosa. Si è occupato di tutto questo il recente Sinodo dei vescovi, alle prese con una nuova evangelizzazione un po’ da inventare. Ma la realtà giovanile è più spiazzante ancora, perché sorprende nei suoi atteggiamenti senza sconti rispetto ad un’atmosfera religiosa pressoché archiviata e superata da tantissimi.Si è dentro sfide cruciali per la Chiesa che dovrebbe spassionatamente interrogarsi sul contesto che ci avviluppa tutti.

Forse non è più tempo di eventi di massa ma di percorsi personali. Senza demonizzare l’aria che tira, ma assumendola come un tempo ed uno spazio in cui la fede può ancora originalmente esprimersi, magari in esperienze minoritarie ma significative ed alternative. Perché se la fede deve toccare il cuore, dal di dentro, resta comunque un cammino da affrontare insieme, con altri che ci provano ugualmente, sostenendosi a vicenda, condividendo passi avanti e reagendo a passi indietro.
E, su tutto, il bisogno urgente ed indispensabile di testimoni che non si defilino nella stagione in chiaroscuro che ci tocca. Viene infatti il tempo in cui la fede va giocata in campo aperto, in mare mosso, tra venti talora gelidi… senza più quasi niente di acquisito ma con quasi tutto da rimettere in pista.
Oggi si deve andare piuttosto controcorrente. Non è un dramma. La storia della Chiesa ha visto un po’ di tutto, nei secoli. Indispensabile è però che la Chiesa non resti indietro, non si chiuda a riccio, non guardi solo alle sue istituzioni ed alle sue tradizioni… ma si spenda per il Vangelo vivo (che non invecchia mai).

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