Giornata della Memoria 2008
Pubblicato il 31-08-2009
Far memoria della Shoah significa ragionare sulla violenza nel mondo e sui modi per porle un termine. Lo facciamo con uno stralcio del discorso fatto dallo scrittore indiano Amitav Ghosh all’Arsenale della Pace, dove gli è stato conferito il Premio Grinzane Cavour – sezione Internazionale 2007.
di Amitav Ghosh
La nonviolenza è un principio importante, che nella storia indiana ritorna continuamente, perché è al centro della coscienza più profonda del popolo indiano. Che cos’è la nonviolenza per me come scrittore? Questo interrogativo mi si è posto sin dall’inizio della mia carriera. |
![]() Amitav Ghosh |
Il problema era come riuscire a scrivere di violenza in un modo che fosse nonviolento, evitando così di diventare complice della violenza che dovevo rappresentare. Volevo trovare un modo per distaccarmi dalla violenza che è intorno a noi, creando dei testi che non la riproducessero. L’uomo in fondo celebra la violenza, la guerra, il militarismo, e le storie che parlano di guerra sono molto vive. Il legame tra il concetto di gloria e quello di violenza è molto radicato nella nostra mente. Se anche si riuscisse a convincere la gente che la pace è conveniente, questo non significherebbe necessariamente che la pace fosse poi scelta come via da seguire. Ci vuole qualcosa che vada oltre: un’idea di pace che sia gloriosa e nello stesso tempo eroica; spesso, invece, abbiamo l’idea che la pace sia qualcosa di noioso, di faticoso. |
Per uno scrittore è molto facile diventare complice della violenza: lo vediamo in modo evidente negli scrittori nazionalisti; pensiamo al ruolo che ha avuto D’Annunzio nella tradizione italiana… Esiste quindi uno strettissimo legame fra nazionalismo, letteratura, violenza e nonviolenza. Un’altra cosa è certa: non si può essere guidati soltanto dalle emozioni quando si parla di pace. Chi crede nella pace deve accettare che ci sono situazioni in cui occorre intervenire anche con la forza. Nel caso dell’Afghanistan, per esempio, io ritengo che la guerra sia stata opportuna per due motivi: prima di tutto perché si è trattato di una iniziativa fatta nel rispetto del diritto internazionale, poi perché l’Afghanistan era veramente in uno stato di caos e c’era bisogno di un intervento forte per riportare il Paese ad una certa normalità. Diverso è il caso dell’Iraq: intorno a me, a quell’epoca, voci forti sostenevano che si trattava di una guerra fatta per la democrazia, una guerra giusta. Quando sono tante e forti queste voci, ci si inizia a chiedere se hanno delle motivazioni. In questa situazione è facile perdere la speranza. Io però vedo un motivo di ottimismo nel mondo, l’Europa. L’Unione Europea, nel modo in cui si è data forma, si è costruita e sta continuando a crescere, è proprio come Gandhi avrebbe voluto, cioè prestando attenzione ai processi e ai mezzi. |
Ciò che conta, infatti, non sono tanto i fini ultimi ma il processo, il mezzo appunto: non ci può essere democrazia se i processi per arrivarvi non sono democratici; e questi processi democratici devono necessariamente essere lenti, anche se determinati, cercare il consenso fra tutti i membri, prevedere delle lungaggini. Non hanno niente di spettacolare, non ci sono guerre o eventi rapidi - in fondo, la pace è una cosa noiosa! Credo che il modello dell’Unione Europea sia veramente un faro che può guidare la speranza del mondo. |
di Amitav Ghosh
Deregistrazione non rivista dall’autore. |
![]() In occasione della Giornata della Memoria 2008, viene presentata l'anteprima italiana del documentario su Marianne Golz. |
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