GIOVANI DI FRONTE ALLA VIOLENZA/2: Opinioni in chiaroscuro

Pubblicato il 31-08-2009

di Corrado Avagnina


Abbiamo pubblicato l’altro ieri gli esiti del questionario dal titolo “Giovani di fronte alla violenza” proposto dal nostro mensile Nuovo Progetto Sermig. “I miei complimenti per l'opportunità che date a noi giovani di farci sentire su temi dai quali spesso siamo esclusi”: è il commento lasciato da una ragazza di 22 anni. “Parlatecene, è molto importante” aggiunge un ragazzo di 14 anni. Il perché lo indica Gioia, 17 anni: “A tutti i ragazzi voglio dire di saper scegliere bene quello che intendono fare”. E allora parliamone, a partire dalla riflessione di chi da oltre 30 anni è attento e partecipe osservatore della nostra società.

di Corrado Avagnina

 Il ventaglio delle percezioni di “violenza” d’attorno è – come dire – articolato, nel senso che c’è di tutto e di più, ma anche nel senso che si cerca di scovare vari risvolti anche inediti di un clima “forte” di questi tempi, trasversalmente contagioso sia tra le pareti domestiche come nelle pieghe della società. Lo spaccato è quello. Un po’ preoccupante, a ripensarci. Un po’ da strana assuefazione, ad una prima analisi. La violenza è di casa in mezzo a noi. Lo testimoniano, con realismo e disincanto, i ragazzi ed i giovani che hanno risposto al questionario del Sermig. In totale il campione è rilevante (500 interviste). Il metodo d’indagine non è scientifico, ovviamente. Ma i riscontri sono interessanti, non fosse altro per il notevole tetto di risposte. E poi per il fatto che in così tanti si sono interrogati appunto su un fenomeno che riguarda tutti indistintamente.

Il tasso di atteggiamenti “violenti” è ormai così alto da rappresentare una mina vagante, pronta ad esplodere appena il detonatore azzeccato dà la stura al peggio che peraltro è già in circolazione, sotto la cenere e dietro le quinte. Basterebbe fare un pensierino agli scontri che si innescano attorno al mondo del calcio... in cui confluiscono tensioni, pruriti, scompensi... accumulati nella settimana e poi scaricati nei dintorni della propria e dell’altrui squadra. Non mancano comunque approfondimenti che meritano attenzione. In particolare nella direzione complessa in cui rintracciare sintomi violenti pure sul piano morale, ideale, sociale.. “Smontare la scala dei valori è come scavare un fosso sotto i propri piedi”, dice un trentenne, rispondendo alla domanda sulla forma di violenza che spaventa maggiormente. “Ho paura di essere ferita da una persona nella quale ho fiducia: questo lo sento come un atto di violenza interiore”, aggiunge una diciassettenne. “La violenza sembra non sia così presente intorno a noi, invece ogni nostro gesto è spesso a sfondo violento...”, riconosce con una certa introspezione un diciassettenne.

Ma poi l’elenco si fa crudo: il bullismo, lo stupro, la discriminazione, il razzismo... Fino all’autosufficienza di chi, a sedici anni, si atteggia con sicurezza (o presunzione): “A me non mi spaventa nessuno!”. E per confermare che non si sta parlando di eventi improbabili e lontani, viceversa molto quotidiani ed appena dietro l’angolo, ecco le risposte sul... passaggio alle vie di fatto, quando capita di arrabbiarsi con gli altri. “Divento iracondo e sfogo tutto su quella persona!”, ammette un ventiseienne. “Lo picchio se è una cosa grave, sennò lo insulto”, distingue – a suo modo – un diciottenne. “Quando sono arrabbiata tendo ad attaccare verbalmente, non tanto fisicamente... ma, forse, per alcuni aspetti, è anche peggio...”, si auto-analizza una sedicenne, cogliendo il peso specifico delle ferite che si infliggono con le parole taglienti e sferzanti, magari ingiuste e mortificanti.

Esiste però anche il rovescio della medaglia, per fortuna. Ed è tutto quel movimento, vistoso o nascosto, che cerca di contrapporsi alle logiche tristissime della violenza che uccide, delude, smarrisce, sconsola... Le reazioni rispetto alla determinazione dei giovani, che a Locri hanno preso posizione pubblicamente contro il dilagare della brutalità mafiosa, in grado di insanguinare le strade con una sfacciataggine crudele ed atroce, sono emblematiche ma anche spiazzanti. “Sono più coraggiosi di me!” afferma un 28enne. “Sono di Napoli, capisco bene il problema e penso che fanno bene, perché se non difendiamo la nostra vita, la nostra dignità di esseri umani,

e le nostre idee non vivremmo a pieno nel migliore dei modi, ma non deve essere usata violenza contro la violenza”, spiega una 25enne. “Li ammiro con tutto il mio cuore. Sono anch’io del sud e vi assicuro che l’omertà regna sovrana. D’altra parte non biasimo neppure chi sceglie il silenzio, in quanto non vi è una protezione adeguata e quotidianamente si ricevono minacce per sé e per i propri familiari”, aggiunge un’altra 25enne.

“Se manifesti contro la mafia, ma ti fai uno spinello non sei coerente, perché la finanzi”, sentenzia una ventenne che scruta i troppi buchi neri della nostra società e ne coglie le contraddizioni esprimendole a suo modo. “Fanno bene. Il futuro siamo noi, e dobbiamo lottare affinché i nostri figli, e le altre generazioni possano vivere in un mondo decente”, dichiara una quindicenne.
“Sono una di quelle ragazze che ha preso posizione contro la violenza della mafia a Locri. E manifestare mi ha dato molto in quanto la rabbia che si era accumulata in precedenza era tanta. Già a maggio con la morte di Gianluca Congiusta, giovane commerciante mi aveva ferito profondamente, ma quando a Locri ho visto qui ragazzi ero più felice perché non ero l’unica che non condivideva la politica dei mafiosi”, così una diciottenne di Locri.

Insomma, spunti in chiaroscuro. In un intreccio di sensazioni da decifrare. Su tutto un dato certo: la violenza ci attraversa la vita (senza scampo?). E conviverci non è un rimedio possibile. Si vuole uscirne. Ritrovando una forza interiore, che intacchi un mondo troppo indurito, pressoché invivibile.

E adesso?
Un quadro eccessivamente disastroso, solo pessimistico od apocalittico? Beh, a parlarne ci si può lasciar prendere la mano. Ma è la realtà a venirci incontro, in modo disarmante e quasi spietato. E se diciamo che oggi è tempo in cui ritrovare delicatezza e tenerezza, rispetto e responsabilità… facciamo una predica al vento? Forse sta proprio in questa carenza di “sentimenti umani”, coltivati nella loro verità e nella loro semplicità, la diagnosi più adeguata e più azzeccata. Dobbiamo tornare a scavare nel cuore delle persone, per riportare a galla la dignità di ciascuno. Insomma quella dignità che interpella quando in gioco ci sono tutti i sentimenti più giusti con cui nutrire una famiglia, nei suoi rapporti interpersonali. Nessuno può schiacciare l’altro, mai. L’altro sta di fronte, mai sotto. L’altro non è una cosa, ma una persona. L’altro ha diritto a vivere come tutti. Sono verità elementari, che oggi vengono dimenticate con leggerezza estrema. E poi la violenza (nota o meno nota) dilaga… mentre la giungla avanza.

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GIOVANI DI FRONTE ALLA VIOLENZA/1

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