Islam a scuola

Pubblicato il 31-08-2009

di Corrado Avagnina


Mentre molte famiglie italiane fanno i conti con la riforma della scuola, entrano con forza nel dibattito altre situazioni…

di Corrado Avagnina

Un’integrazione che esige una grande capacità di socializzazione da parte di tutti gli attori scolastici, una rivendicazione di diritti che non è detto siano diritti...
Lo spunto di queste annotazioni è da una non-notizia. Cioè dal ritorno sui banchi di scuola, a settembre. Un evento - se così si può dire - evidentemente scontato. Ma su questa non-notizia si sono comunque intrecciate alcune problematiche che interpellano e che si tramutano in discrete news. Sfiorando importanti e delicate questioni, con una elevata posta in gioco.

A tenere banco il contenzioso, nato a Milano, per la chiusura della scuola islamica di via Quaranta. E con la conseguente, singolare, protesta portando le lezioni per i ragazzi musulmani in strada, sul marciapiede. Secondo Khaled Fouad Allam, che ne ha scritto su “la Repubblica”, questo caso spinoso potrebbe diventare emblematico per il riproporsi di analoghi “conflitti” in Italia ed in Europa. “Il dramma è che spesso queste situazioni colgono del tutto impreparati - aggiunge: i musulmani pensano che le loro società debbano essere immutabili; e gli europei tenderanno a pensare che i musulmani non siano integrabili”. Il nodo si fa stringente, dunque. Se si deve dare ragione a chi vede nel nostro futuro un acuirsi della voglia di identità religiosa, con difficoltà inedite a stare insieme dentro una società multietnica e multiculturale.

Insomma, il tema educativo si mescola con quello della laicità
e quindi del pluralismo. Sembravano acquisizioni consolidate. Ed invece paiono da riscrivere. In una chiarezza che rischia di perdere i suoi contorni precisi. Se anche il mondo cattolico viene, paradossalmente, accusato - da certe sponde - di “invasione di campo”: è avvenuto per la presa di posizione dei vescovi in occasione dei referendum sulla procreazione assistita, si è ripetuto dopo la bocciatura della CEI per la proposta dei Pacs come soluzione alle cosiddette “unioni di fatto”. Infatti, sempre su “la Repubblica”, Miriam Mafai ha paventato una “laicità dello Stato” a rischio, mentre si detterebbero “al legislatore norme di comportamento che rispondono alla visione, certo legittima, ma parziale della Chiesa cattolica... facendo girare indietro la ruota della storia nel nostro Paese”.
Non sono questioni da isolare ed anestetizzare, anche se vanno accostate con prudenza. E guarda caso le ha quasi messe insieme il presidente Ciampi, in una data storica, come quella del 20 settembre, anniversario della presa di Porta Pia ed... inizio ufficiale dell’anno scolastico. Ribadendo l’invito agli studenti italiani perché “tendano la mano” ai loro coetanei stranieri, quei 360 mila figli di immigrati che sono entrati in classe, senza distinzioni (si spera). Come i loro genitori oggi, anche gli italiani ieri sono stati all’estero emigrati. Integrandosi, senza “paure” e “diffidenze”. “La scuola - ha detto Ciampi -, con l’aiuto di tutti, contribuirà a renderli cittadini responsabili della Repubblica”. L’obiettivo è quello di raggiungere una cittadinanza che non faccia perdere nulla delle proprie origini ma si intrecci e si adegui ai valori del Paese che ospita, senza separazioni, a cominciare dalla scuola appunto. E Ciampi si è soffermato sui “pericoli e le tragedie che l’intolleranza porta sempre con sé”, insistendo invece sui “benefici dell’incontro fra culture diverse”. Convinto che “la fiducia sia più forte della paura, il dialogo più forte dei timori che nascono dalle diversità”.


D’altronde “è una pura illusione pretendere di creare oggi una scuola islamica in Europa: innanzitutto perché sarebbe un’invenzione, creata dal bricolage devastante di maestri spesso improvvisati. Ma è anche un’illusione pensare che l’immigrato tornerà un giorno nelle sue terre: semplicemente perché nell’immigrazione è racchiusa l’idea di una diluizione dell’identità”. Sempre Khaled Fouad Allam. Che rimarca come lo spostarsi da una terra all’altra comporta uno sradicamento ed un radicamento.

Accettare questo strappo e questo innesto significa vivere difficoltà e possibilità dell’immigrazione,
senza chiudersi in ghetti improponibili che non portano lontano.
Ecco, nella scuola di tutti, è possibile ed auspicabile l’attenzione per le radici e per la novità. Infatti si fa sempre più pressante - proprio nella scuola - trovare il bandolo per un denominatore comune, tra valori condivisi, tra culture e religioni diverse, tra modelli di vita, tra interpretazioni del mondo, tra convinzioni e opinioni... Una sfida che ieri era meno marcata, e che oggi è molto più pungolante.
Insomma una scuola che sia palestra di umanità nella diversità, di democrazia e di integrazione, di laicità e di libertà... in cui niente e nessuno si senta escluso, neppure chi ha una esperienza di fede insieme a chi la pensa differentemente. Mondi che si debbono incontrare ed incrociare a scuola, uscendone più veri e più dialoganti. E qui proprio nulla è scontato, anzi quasi tutto da inventare. Auguri, di farcela almeno un po’. Insegnando magari qualcosa anche alla nostra società che sta irrigidendosi, proprio sulle frontiere della laicità. In cui invece recuperare ragione e ragioni per capire come essere tutti (credenti e non) cittadini di un Paese che è di tutti, senza esclusive per nessuno.

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