La carta stampata sta per finire? Forse no

Pubblicato il 10-08-2011

di Corrado Avagnina

Ci dobbiamo preoccupare? Forse no. Anche se non possiamo abbassare la guardia. Parliamo della sorte (segnata?) della carta stampata, in formato giornale.
di Corrado Avagnina
 

E sì, perché, al riguardo, i profeti di sventura non mancano.
Tutti citiamo la previsione avanzata, ormai sei anni fa, da Philip Meyer (The Vanishing Newspaper) per decretare la scomparsa prossima ventura dei giornali. Anzi, l’analista americano fissava anche una data perentoria, cioè il 2043. In quell’anno si dovrebbe consumare l’estinzione di una forma comunicativa che ha tenuto banco per oltre due secoli e mezzo, quella appunto delle notizie e dei commenti sulle pagine del giornale a cui in molti, da generazioni, siamo affezionati.
 
Allora siamo tutti incamminati - noi che amiamo la carta stampata (scrivendoci su e leggendola con interesse) - sulla scia di “quell’ultimo vecchio lettore che andrà a comprare l’ultima sgualcita copia stampata del New York Times…” nel fatidico 2043? Noi crediamo di no, anche se per l’età anagrafica… a quella data forse non ci saremo più o non avremo più testa ed occhi per sfogliare i quotidiani. E quindi non azzardiamo le certezze che altri esternano. In effetti, qualcosa di grosso sta cambiando nella comunicazione tradizionale.
 
Ed i giornali sono in ballo, più che mai. Altri canali che veicolano notizie si stanno imponendo, alla grande. Soprattutto on-line. Da YouTube ai blog, da Facebook a Twitter… le news corrono in rete, su percorsi alternativi. Mentre gli stessi giornali cartacei debbono farsi supportare (o soppiantare?) dai rispettivi siti internet. è nato un mondo virtuale in continua evoluzione ed espansione. Qualcuno si domanda fino a quando reggerà. E da qualche parte si vorrebbe far pagare l’informazione che è disponibile cliccando in rete. Ma non sarà facile.
 
Intanto, però, torniamo ai nostri cari fogli di carta stampata. Gli esperti ci dicono che i mezzi nuovi che sorgono ed avanzano non fanno morire di per sé gli strumenti vecchi. Si citano gli esempi del motorino che non ha azzerato la bicicletta e, più in tema, si ricorda che il cinema non ha cancellato il teatro, la fotografia non ha fatto sparire la pittura, radio e tv non hanno fagocitato giornali e cinema… e via ripassando. Certo ci si deve riposizionare, occorre conquistare nuovi spazi, bisogna adattare linguaggi e comunicazione. Insomma, non si può non tener conto che la concorrenza è cambiata radicalmente ed aumentata a dismisura.
 
Può farcela la carta stampata? Forse sì. Scommettendo su due dati importanti. Innanzitutto mettendoci la firma (che equivale a metterci la faccia, in tutto e per tutto). Cioè esponendosi con la propria ricerca, la propria documentazione, la propria analisi dei fatti. Perché in internet la fonte non è sempre rintracciabile. Sul giornale invece il rapporto di fiducia è evidente. C’è la firma, appunto. Ed è cosa non da poco. Unitamente al fatto che un giornale si porta dietro tutto il complesso di una presenza editoriale in campo aperto, giocando la sua partita nella serietà dell’informazione che rilascia. Insomma, un’autorevolezza guadagnata col sudore informativo di un tempo.
 
In secondo luogo, il giornale di carta potrà farcela se chi ci scrive su cercherà soprattutto di offrire al lettore un punto di vista terzo, pur se non privo di convinzioni, di opinioni, di sensibilità. Nelle dinamiche dell’informazione questo marchio doc è decisivo. Guai a lasciarselo snaturare in punta di penna o di computer. Leggendo un giornale, si deve poter portare a casa un ragionamento complessivo e non soltanto un accostamento di opinioni le più diverse, alla rinfusa. Ma i giornali di carta oggi accettano questa sfida esigente? O preferiscono rincorrere toni gridati o fare eco a varie propagande?

Corrado Avagnina






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