La logica del più forte

Pubblicato il 05-07-2024

di Michelangelo Dotta

E alla fine, come altri Paesi europei hanno già fatto, forse torneremo sui nostri passi; l’ombra della leva obbligatoria si profila minacciosa all’orizzonte e il torpore finto pacifista in cui l’Italia è calata dal 1° gennaio 2005 potrebbe sfociare in un brutto risveglio.
I nati nel lontano ’85, gli ultimi a fare il militare, sono ormai sulla quarantina, le feste dei coscritti nei paesi si sono estinte da tempo e il senso di servizio alla patria è lontano anni luce dal quotidiano collettivo dei giovani di oggi. Ma tutto potrebbe cambiare in questi tempi di guerre che sempre più si avvicinano ai nostri confini e mai come oggi si percepisce con più consapevolezza il senso di pericolo che corre la nazione. La tecnologia militare sempre più sofisticata ci aveva illuso che i conflitti si potessero risolvere con precisione chirurgica, telecomandati da lontano, hackerando i sistemi di difesa e di offesa dei nemici, osservando da schermi e immagini satellitari in diretta i successi a distanza di sicurezza di operazioni militari quasi asettiche e totalmente computerizzate; ma era una prospettiva palesemente falsata. I soldati nelle trincee tra Russia e Ucraina e le colonne di carri armati che tra la polvere sbriciolano sistematicamente le macerie di Gaza City, ci immergono con tragica violenza nella vera dimensione della guerra, un bagno di sangue dove gli uomini contano le ore buie della propria surreale esistenza senza tregua, senza speranza, senza prospettiva se non quella della paura.
Le fabbriche della morte sfornano agetto continuo armi di ogni genere da distribuire su diversi teatri di scontro, un mercato mai così florido come in questo periodo ma, quello che ogni giorno che trascorre rende a tutti più evidente, è che l’esercito combattente, le truppe dislocate sul terreno, gli scarponi che pestano la sabbia o si immergono nel fango sono il vero ago della bilancia, e iniziano a scarseggiare. Le armi si riproducono all’infinito, ma le giovani generazioni sacrificate sull’altare della guerra tendono drammaticamente a esaurirsi, mancano gradualmente i rimpiazzi mentre i combattimenti esigono il loro quotidiano contributo di vite umane. E, se si esclude per spirito di sopravvivenza globale, l’uso delle atomiche spesso minacciato, si è obbligatoriamente costretti a ritornare alla logica del più forte, non in senso di sofisticata tecnologia posseduta e applicata, ma in quello del banale calcolo del serbatoio di uomini in divisa che nazioni più grandi e popolate hanno a disposizione rispetto alle più piccole, a prescindere dalle presunte ragioni o dai torti rivendicati a motivazione del conflitto.
È un calcolo semplice ma brutale, un equilibrio che è impossibile da capovolgere, una statistica crudele ma altamente realistica. In guerra è sempre molto difficile distinguere i buoni dai cattivi e bisognerebbe ammettere che parteggiare con assoluta sicurezza per una parte o per l’altra è quantomeno fazioso, ma gli uomini sono così, partigiani nel dna e certi delle proprie idee fino a giocarsi la vita, forse per questo siamo costantemente in lotta, assolutamente convinti delle nostre ragioni e dal nostro punto di vista… fino a correre incontro alla morte… e la televisione ce lo ricorda ogni giorno.


NP Maggio 2024
Michelangelo Dotta

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok