Religione e società

Pubblicato il 31-08-2009

di Corrado Avagnina


La laicità positiva ci sta sfuggendo di mano, mentre cresce uno spirito anticattolico? Un contributo sul dibattito aperto nel nostro Paese tra le posizioni dei cattolici e quelle dei laici.


 Forse più sui grandi giornali che non altrove, si respira in queste settimane un clima di singolari asprezze, nei ragionamenti e nelle espressioni, in chiave di fede e politica, di religione e società, di Chiesa e mondo. Di tutto e di più è finito nel tritatutto massmediale. Le polemiche e le forzature sulle cosiddette “unioni di fatto”, le rotte di collisione sulla “pillola abortiva” in sperimentazione a Torino, i fischi e gli striscioni a contestare fragorosamente il card. Ruini a Siena, le ammissioni di Fassino (Ds) sulle frontiere della fede, le confessioni di Bertinotti (Rifondazione comunista) propostosi “in ricerca di Dio”, le bordate dei vari Gian Enrico Rusconi, Eugenio Scalfari, Gianni Vattimo... su una Chiesa ritenuta lobby politica impegnata in operazioni di supposta “ingerenza” oppure capace di intervenire “a gamba tesa” nella vita sociale e politica del Paese (come sostengono i Radicali), le preoccupazioni di Pietro Scoppola per un Centrosinistra in affanno quanto a rapporti con il mondo ecclesiale, la replica ferma del segretario della CEI Giuseppe Betori a nome dei vescovi “intenzionati a non farsi intimidire” (…).

E non sarà finita qui. Date le reazioni a catena, che sembrano inarrestabili. C’è infatti da attendersi ben altro ancora, nella tumultuosa atmosfera di questi tempi. Insomma da quanto rimbalza sui giornali, i momenti sarebbero piuttosto complicati e tesi. E francamente, in periferia, a tu per tu con la ferialità più usuale, senza claque mediatica, ci si ritrova un po’ spiazzati. I problemi sono altri. Le priorità non paiono proprio essere le “unioni di fatto” ed affini... Certo, se ne può discutere, con scambi di battute, “en passant”, ma poi si è tallonati da altre urgenze concretissime, da... fine mese, da “sacrifici” (non “tagli”!?!) per via della Finanziaria, dai crucci dei figli smarriti e “sballati”, dalla necessità di sbarcare il lunario...

Eppure, resta nell’aria, un sentore non proprio gradevole (per la nostra sensibilità), con connotati indefiniti, ma riconducibili ad una sorta di allergia anti-cattolica. È solo una percezione vaga. Che forse non incide più di tanto. Ma comunque pare in circolazione. Riassumendola a braccio e quindi semplificandola, si potrebbe condensare nell’espressione: “Ma perché la Chiesa vuole imporre la sua visione a tutti?”. Certo, si tratta di un tema articolato. Che non si può liquidare a colpi di slogan. Ma, si sa, oggi si fatica a leggere (libri e quotidiani). Ci si accontenta di un titolo, di un flash in Tv, di una frase ad effetto in radio. Diventa arduo, risalire certe chine. Travolti come siamo da parole secche e taglienti e... pesanti. Proviamo rapidamente a fermare un pochino le bocce, al riguardo. Se ci riusciamo.

In gioco è la presenza dei cristiani nella società. Una presenza che lungo la storia ha preso forme diverse, purificandosi ed essenzializzandosi, ma anche talora impastandosi con equivoci e confusioni. Rimane una scommessa (od una sfida) sempre aperta, nel cambiare delle situazioni. Basti pensare all’atteggiamento disegnato dalla “Lettera a Diogneto” (II secolo) in cui si parla dei cristiani come “anima” dentro il mondo, per poi finire all’alleanza tra trono ed altare in tempi di cristianità medioevale (ed oltre)... Ma veniamo a noi, nella stagione post-moderna, nel pluralismo culturale, nella multi-etnicità, nell’acquisita dimensione democratica, nella consolidata laicità delle istituzioni e dello Stato...

Quale ruolo dei cristiani e della Chiesa? Beh, il Concilio ha indicato una via maestra. Che è irreversibile nel rapporto con le realtà terrene riconosciute nella loro autonomia, ma anche sensibili al lievito del Regno di Dio. D’altronde lo stesso Papa Benedetto XVI, proprio in questi giorni, ha aggiunto: “Compito fondamentale dei vescovi non è quello di imporre la loro prospettiva di fede ai non credenti... È importante compiere un grande sforzo per spiegare adeguatamente le ragioni delle posizioni della Chiesa”. Che trova una qualche interessante assonanza in quanto affermato dalla neo-moderatrice della Tavola Valdese, Maria Bonafede, quando sostiene che “il pensiero ed il credo che mi appartiene non lo impongo a nessuno, non entra nelle leggi dello Stato, anche se nel confronto delle idee concorre ad ispirarle”. Insomma non si può puntare ad avere “leggi cristiane” dentro uno Stato laico. Lo si è ribadito a proposito della legislazione sulla procreazione assistita, interpretata come il “male minore”. In uno Stato laico e pluralista ci si deve porre come obiettivo il “bene comune”, che è qualcosa di diverso e di più della codificazione dei comportamenti che si vanno sedimentando e modificando.

Quando in discussione c’è la famiglia ed ancor più la vita umana, occorre interrogarsi se non si debbano salvaguardare valori condivisi o condivisibili (anche se da molti, nei fatti, disattesi). In anticipo ed in tempi ben diversi, con coraggio, i cristiani impegnati nella elaborazione della Costituzione cercarono e trovarono quei punti di condivisione su valori umani alti, che sono anche valori cristiani, ma in un’accezione laica. Da cui partire per una convivenza di peso specifico, senza confessionalismi e con apertura a tutti i contributi, ma non allo sbando. Non per nulla la nostra Costituzione non fa riferimento esplicito a Dio (come altre), ma si pone come “Carta” fondamentale per tutti, credenti e non credenti, su un terreno comune e frequentabile senza steccati.

Di qui poi si aprono tanti altri discorsi decisivi ed impegnativi. La presenza dei laici cristiani nella società, di cui sono cittadini a pieno titolo. Capaci di coniugare appunto una “laicità” che sia ispirata evangelicamente, ma anche disponibile al confronto positivo e pungolante. In grado di dialogare in modo pacato e serrato, per valori umani che possano essere appunto condivisi. Ma oggi su questa frontiera sembra di trovarsi spesso “senza parole per dirlo”...
Quindi il ruolo del magistero che illumina le coscienze e le scelte dei credenti, che offre spunti di riflessione agli uomini di buona volontà. E come tale andrebbe accolto e vagliato. Ancora la disponibilità a confrontarsi e non la tendenza a scontrarsi, anche dal mondo cosiddetto “laico”, per la costruzione della casa comune.

E poi la visione un po’ più ampia dei problemi: sempre sulla famiglia e sulla vita umana, perché ci si accorga per esempio che per le politiche familiari l’Italia investe lo 0,9% del PIL mentre in Europa si è al 2,3% (in Francia al 3%); e perché ci si ricordi delle istanze (spesso disattese) in difesa della maternità contenute nella famosa legge che consente l’interruzione volontaria della gravidanza, e che a questo si è purtroppo ridotta.
Ed ancora l’appello ai non credenti per una riflessione che non sia bloccata in partenza (da spirito... anticattolico), ma che possa mettere tutti in discussione, per un esito più alto; nella ricerca di una mediazione che non sia solo compromesso al basso. Infine l’avvertimento, ai credenti, a non fermarsi sulla soglia delle leggi e delle norme (pur importanti), ma a farsi testimoni coerenti e coraggiosi quando si è interpellati appunto dalle urgenze della famiglia e dalla inviolabilità della vita umana. Non basta proclamare principi e poi farsi gli affari propri... Non c’è tempo e spazio per proseguire. Ma meriterà farlo.

Ampio stralcio dell'editoriale di Corrado Avagnina,
pubblicato sull’Unione Monregalese
www.unionemonregalese.it

 

 

 

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