Alla luce del sole

Pubblicato il 31-08-2009

di Alessandro Moroni


"Io sono venuto qua per aiutare la gente perbene a camminare a testa alta": Esce nelle sale l’ultimo film di Roberto Faenza, che ritrae gli ultimi anni di vita di padre Pino Puglisi, coraggioso parroco di Palermo assassinato dalla mafia il 15 settembre del 1993.

... di Alessandro Moroni

Il problema del cosiddetto cinema italiano di denuncia sta nel fatto che il più delle volte non è cinema. È dietrologia, comizio, parabola ammiccante, esercizio retorico, arringa diretta, propaganda elettorale; ma non cinema. Questo è il motivo che mi ha sempre (o quasi) tenuto lontano da tante produzioni “per la giusta causa” che, proprio in quanto tali, pretenderebbero di non lasciarsi giudicare in base ai criteri che risultano validi per tutti gli altri film.

Vale subito la pena di riconoscere che qui siamo di fronte alla classica eccezione che conferma la regola. Raccontandoci superbamente la storia tragica ed umilmente eroica di Don Puglisi, parroco del quartiere Brancaccio (il Bronx di Palermo), ucciso dalla mafia il 12/9/93 nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, Roberto Faenza (Sostiene Pereira, Prendimi l’anima, Marianna Ucria) ricorda a tutti che anche in presenza di un soggetto in grado di arroventare le emozioni e scuotere le coscienze, tutto va risolto con il cinema, per il cinema, mediante il cinema. In questo contesto non esistono film “diversi”, che in virtù di ciò che raccontano non meritino di essere considerati “soltanto dei film”, magari per il fatto di raccontare la vita e la morte di un uomo di fede assoluta come Don Puglisi anziché dell’eroe omerico Achille, o financo di Gesù Cristo anziché del faraone Tutankhamen: un film è sempre un film, e il buon cinema sarà sempre distinguibile dal cattivo in base ai criteri di cui da sempre la critica dispone.

 In questo caso specifico il risultato è ottimo, al punto che non faccio fatica ad individuare in questo lavoro il migliore assoluto mai realizzato da Faenza, un regista che in passato non sempre è riuscito ad imporsi per identità stilistica e ricchezza d’ispirazione. Non c’è una singola sequenza in tutto il film che non sia improntata a sobrietà, essenzialità, espressività coniugata con l’assoluta mancanza di retorica.
Non ci sono scene strappalacrime, non c’è nulla al di sopra delle righe. Manca la pretesa, tipica di tanti film di soggetto analogo, di volere “commuovere a tutti i costi”.

Succede poi, per qualità intrinseche della sceneggiatura e l’ottima prova del regista, che la commozione ci tocchi davvero, ma torniamo alla premessa: se il livello qualitativo del film è buono, l’effetto emotivo va sempre a segno in modo del tutto naturale e senza forzature di sorta. Merito anche del livello della recitazione (in particolare Luca Zingaretti è un eccellente protagonista, ma convincono anche tutte le parti “di fianco”, soprattutto quelle dei bambini del Brancaccio), che evita come il fuoco qualsiasi accenno alla sceneggiata. Come spesso accadde quando il regista è padrone del linguaggio filmico, le immagini sono spesso molto più efficaci delle parole, e tutto concorre a regalarci un prodotto che è davvero una rara avis nell’ambito della produzione cinematografica nostrana più recente.

Un film che consiglierei davvero a tutti, soprattutto ai giovani, per la qualità intrinseca del prodotto e per la sua capacità di trasmettere in modo semplice, diretto e mai gridato alcuni messaggi essenziali; tra i quali citerei la facilità con cui il nostro tempo tende a confondere il bene col male (l’omertà che caratterizza da sempre un certo strato sociale non nasce forse da un comune senso di appartenenza, molto simile – anche se molto diversa – alla solidarietà?), come tale confusione si sgretoli e di colpo scompaia di fronte a testimoni autentici come Don Puglisi, e come l’eroismo oggi non si attui attraverso gesti clamorosi compiuti da personaggi straordinari, ma solo grazie a gesti di quotidiano coraggio compiuti da persone comuni. Disposte, questo sì, a mettersi in gioco senza riserve.
Alessandro Moroni







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