Chi ha spento l'attesa?
Pubblicato il 10-02-2010
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C’è un’altra età magica, tra i sei e i sette anni, in cui i nostri piccoli successori si appropriano dei nomi delle cose scritti nero su bianco. Disegnano una casa, sotto scrivono “CASA”, a una finestra mettono il loro gioco preferito e quella è casa loro. Indiscutibile.
I giorni scorsi ho incrociato una classe in visita lungo i viali dell’Arsenale della Pace. Una tra le tante, in nulla differente dalle altre. Ragazzine sui 15-16 anni, capelli rigorosamente lunghi e lisci, giubbetto rigorosamente nero, jeans rigorosamente a vita bassa. Sguardo plumbeo. Sotto un cielo azzurro e un sole caldo che richiamava alla vita i primi boccioli di calicantus. Loro, credo, non li vedevano. Lo sguardo puntava in basso, sottintendeva un “Non c’è più nulla che possa stupirmi”. Poi ho pensato ai nostri amici di Bonate, 18 anni ben spesi, il sapore della gratuità già in bocca, tanti sogni e voglia di fare. Mi è venuta in mente una frase letta un po’ di anni fa, in un periodo in cui anche il mio sguardo rischiava di farsi plumbeo: “Diventa tu colui che attendi”. Ecco, mi ero detta, questa è la via dell’emancipazione dalle attese deluse. Grazie a voi, allora, amici di Bonate, di Villastellone e di tanti altri luoghi, grazie Monica, Chiara, Federica, grazie Désirée e Valerio e quanti altri ancora. Grazie perché state diventando voi “gli attesi”. Non stancatevi, vi prego, di seminare primavera tra i vostri coetanei delusi.
Elena Goisis |