Vivere il Padre

Pubblicato il 09-05-2024

di Redazione Sermig

Chiamando Dio mio Padre rispondo alla sua parola che mi dice: tu sei mio figlio. Quindi il Padre nostro non è una preghiera che si recita, ma una preghiera che si vive, che si impara a vivere a poco a poco, giorno dopo giorno, per tutto il tempo della nostra vita. Imparare il Padre nostro significa imparare ad abbandonarci a lui in un abbandono totale, non solo a parole, ma nella realtà della vita quotidiana.

Non serve a nulla recitare il Padre nostro una, dieci, cento, mille volte, se non lo traduciamo in un modo di vivere, in un modo di essere.
Prendiamo ad esempio il nostro rapporto con la vita stessa. Se crediamo Dio nostro Padre, se crediamo veramente al suo amore, non possiamo più vivere sentendo la vita come angoscia, perché ci sentiamo circondati, protetti dalla sua presenza paterna. Certo questo non farà scomparire il dolore, le varie forme di male, la nostra indegnità. Però, al di là di ogni apparenza, nella nostra vita non ci saranno mai fallimenti, la parola fallimento non esiste più.

Questo atteggiamento dimostra veramente la nostra fede perché, rivolgendoci al concreto dell’esistenza quotidiana, ci troviamo di fronte alla malattia, alla morte, all’abbandono, alla disperazione, alla fame, all’ignoranza, a tante cose che paiono in contrasto con la paternità di Dio. Un Padre fa questo? Un Padre abbandona così? Come è possibile che sia veramente nostro Padre?

L’unica risposta che possiamo darci di fronte a questo problema, veramente tremendo, è ricordare che Gesù, Gesù stesso, è passato attraverso la sofferenza, ha conosciuto l’abbandono, ha gridato verso Dio tutta la sua disperazione, ha portato su di sé, e ben più grande, la stessa angoscia che ogni uomo prima o poi prova nella sua vita.


P. Mario Nascimbeni
da Progetto (ora NP) ottobre 1992

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