23 ottobre 2008: La borsa o la vita

Pubblicato il 10-08-2011

di Redazione Sermig

Questo lo slogan del manifesto presentato da Ernesto Olivero nell’'ncontro del 23 ottobre scorso, primo della serie organizzata dall’Università del Dialogo del Sermig sul tema: "Nel buio di una grande crisi c’è sempre una luce". Al microfono, esponenti della politica e dell’economia.

C.M.Picco e G.Morganti

Ernesto Olivero "Noi fra poco entreremo in borsa". Sono le parole di Ernesto Olivero, in chiusura dell'incontro sulla crisi finanziaria. L'auditorium dell'Arsenale della Pace è gremito, tantissimi i giovani. Mille persone ascoltano con attenzione per quasi tre ore le riflessioni di Massimo D'Alema, Rosy Bindi, Bartolomeo Giachino, Pier Carlo Frigero ed Enrico Salza. A moderare il dibattito David Sassoli conduttore del Tg1. È intervenuta anche Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte. Manifesto:
"Vogliamo un mondo dove ci sia posto per tutti – afferma Olivero - oggi non è così. Se vogliamo un mondo più giusto dobbiamo diventare più giusti noi. Abbiamo preparato un progetto per investire nella solidarietà: La borsa o la vita. Investiamo in azioni di pace, rendono cento volte tanto. Non è demagogia, queste ‘azioni’ ci permettono di aiutare tanta gente che vuole uscire dalla criminalità, tante ragazze arrivate in Italia senza sapere che sarebbero diventate schiave e tante altre situazioni difficili in Italia e nel mondo".

Quello di giovedì 23 ottobre è il primo di sette incontri organizzati dall’Università del Dialogo del Sermig, che vogliono attivare un confronto serio, trovare risposte alle sfide del nostro tempo e motivi di speranza come recita il titolo dietro i relatori: "Nel buio di una grande crisi c’è sempre una luce".

La speranza non è un sorriso di plastica, è un sì che diventa lacrima, che diventa severità in qualche momento, che diventa commozione. Abbiamo visto tante tragedie della vita rivoltarsi verso la speranza. Il Sermig può fare molto, ma è una rondine che, da sola, non fa primavera. La primavera la facciamo tutti insieme, altrimenti c’è buio.

 sala incontro

Ragioni per il confronto Olivero ne mette tante sul tavolo: "Vorrei che Bindi, D’Alema, Giachino facessero diventare legge la proposta che l’Arsenale fa alle banche e agli istituti finanziari: un prestito d'onore per i giovani, per gli anziani, per le famiglie in difficoltà. Dobbiamo riportare i giovani al centro dell'attenzione, farli diventare patrimonio dell'umanità. La politica deve diventare veramente la voce del volontariato. Noi non vogliamo entrare nel palazzo, è il palazzo che deve venire in posti come questo senza demagogia per capire come va il mondo". Ricorda poi a tutti l’importanza del dialogo, una merce rara oggi: "Il vero dialogo è sedersi attorno a un tavolo, credenti e non credenti, pronti a cambiare qualche idea. Chi è capace di cambiare qualche sua idea entra nella speranza".

Piercarlo Frigero All’inizio di serata era toccato a Piercarlo Frigero, economista, aprire la discussione dopo la proposta formulata da Ernesto Olivero in apertura (vedi link in fondo). Insistendo sull’economia reale, aveva ricordato che già dai primi anni '70 si sapeva che i Paesi emergenti, a basso costo del lavoro, ci avrebbero fatto concorrenza sulle produzioni tecnologicamente più elementari. "Dovevamo spostarci sulle fasce di ogni ramo produttivo in cui il lavoro poteva essere pagato di più perché era in grado di fare le cose più difficili. E questa noi l'avevamo chiamata riconversione industriale, la legge 675 del 1977. Da allora, purtroppo, abbiamo imparato che lo Stato non ha gli strumenti per insegnare agli imprenditori come fare questa riconversione industriale. Il problema dell'economia reale del nostro Paese è l'incapacità di realizzare questo passaggio".
Mercedes Bressso Mercedes Bresso ha portato agli intervenuti il saluto della Regione Piemonte, ricordando un dato su cui riflettere: il 70% delle famiglie residenti sul territorio regionale hanno un reddito per nucleo familiare che non supera i 22.000 euro all’anno.
Massimo D'Alema Sono soprattutto tre gli snodi cruciali nelle parole di Massimo D’Alema: in primo luogo la politica non deve avere paura: "Da una crisi di questo tipo che è un mutamento d’epoca si esce soltanto tutti insieme, insieme nel mondo, e non gli uni contro gli altri armati. C'è bisogno di una politica che assuma la capacità di unire il mondo. La vecchia Europa arranca". La paura è pessima consigliera, come sottolineava Roosevelt, lanciando il New Deal: "L’unica cosa di cui bisogna avere paura è la nostra paura". In secondo luogo occorre "sostenere i più deboli con politiche fiscali e di welfare a favore di quella parte della popolazione che è maggiormente in sofferenza. La grande priorità di questo Paese è ridurre la pressione fiscale sul lavoro: il lavoro paga troppe tasse". Infine la necessità che il Paese continui ad investire sul talento, sulle imprese più competitive, più capaci, sui giovani: "Io sono d’accordo a fare il prestito d’onore, sono talmente d’accordo che l’avevo persino fatto quando ero al governo, sia pure per i giovani delle aree meno avvantaggiate… ne hanno goduto più di 100.000 giovani del Mezzogiorno".
Bartolomeo Giachino Bartolomeo Giachino, sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti propone di affrontare questa pesante crisi finanziaria cambiando i valori e privilegiando lavoro ed economia reale rispetto al ruolo della finanza: "Il nostro Paese negli ultimi quindici anni è quello che è cresciuto meno in Europa. Vent'anni fa abbiamo sbagliato la scelta sulla politica energetica e spendiamo ogni anno 1,2% del PIL in più sull’energia elettrica – si tratta di 20 miliardi di euro all'anno. Abbiamo sbagliato a bloccare le infrastrutture, il risultato è che abbiamo un costo dei trasporti che è del 30% superiore a quello della media europea. Tutte insieme queste due scelte ci costano il 2,5% in più di PIL all’anno. Con quel 2,5% di PIL noi oggi cresceremmo e avremmo le risorse per lo Stato sociale, per affrontare i problemi delle famiglie che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, per fare tutta una serie di interventi. Oggi invece per poterli farle dobbiamo ridurre le spese che non servono, eliminare gli sprechi, ridurre le spese improduttive”.
Rosy Bindi Rosy Bindi non pensa che i sostenitori del mercato senza regole debbano diventare "interventori di Stato". "A me non va bene che bruciamo tutto il denaro pubblico che abbiamo per sostenere il sistema finanziario, per sentirci dire tra qualche mese, guardate che abbiamo dovuto salvare le banche, e quindi non ci sono più soldi per la scuola e per la sanità".
Alla politica spetta stabilire regole, che ci sia una vera libertà basata sull'equità e la giustizia, perché nessuno possa selvaggiamente, in nome dell'arricchimento personale o di gruppo o di una nazione rispetto all'altra, far carta straccia dei diritti fondamentali delle persone. Questo è il punto vero. "Dalla recessione del 1929 una parte del mondo uscì con più democrazia, un'altra parte con una svolta autoritaria. Io francamente voglio stare nella prima parte".
Enrico Salza Per Enrico Salza, presidente del Consiglio di gestione del gruppo bancario Intesa-SanPaolo, le banche non sono tutte uguali: "Posso dirvi che noi come Intesa-San Paolo non chiederemo soldi pubblici. Forse non daremo più dividendo o lo daremo il più contenuto possibile. Naturalmente non farà piacere a tanti nostri azionisti. Prima di diventare banchiere, nella mia azienda avevamo una abitudine: si distribuivano dividendi agli azionisti solo se gli azionisti avevano qualche necessità speciale, diversamente si metteva sempre fieno in cascina".

C.M.Picco e G.Morganti

La proposta di Ernesto Olivero

 

 

 

 

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