8 settimane in Qatar

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Monarchia tradizionale (la famiglia Al-Thani è al governo da metà ’800), 850.000 abitanti ca., un territorio grande come metà della Lombardia, le entrate del petrolio e del gas naturale lo pongono al 32° posto nell’indice di sviluppo umano per il reddito pro-capite (Undp Report 2006).

di Emanuele Salomone 


Non avevo mai sentito parlare del Qatar prima dell’aprile 2006, quando, lavorando per il Toroc (il Comitato Organizzatore delle XX Olimpiadi Invernali) tramite colleghi ho saputo che il corrispettivo Comitato Organizzatore dei XV Giochi Asiatici era interessato a impiegare personale italiano tra le proprie fila. Avevo poi scordato l’informazione, le vacanze estive erano terminate ed avevo incominciato a cercare un lavoro tradizionale. Invece…

Il 5 novembre 2006, verso sera, atterro all’aeroporto internazionale di Doha (capitale del Qatar), con in tasca un visto di ingresso ed un contratto di lavoro con il Comitato Organizzatore dei XV Giochi Asiatici.
Il mio primo impatto con il mondo arabo non è così traumatizzante. Con le conoscenze di poi mi sono accorto che il Qatar è un Paese meno arabo di altri: molto vicino agli Stati Uniti e alla ricerca di una propria identità moderna all’interno della penisola arabica. La città di riferimento, che cerca di imitare e superare, è la più famosa degli Emirati Arabi Uniti, cioè Dubai.

dubai.jpg Ma chi lavora in Qatar?
Alla base c’è la forza lavoro pachistana/indiana/nepalese. Hanno pochi diritti e lavorano per pochi soldi. Vivono in campi di lavoro, baraccopoli provvisorie fuori città. Sono impiegati nella costruzione dei grattacieli. Sono prelevati la mattina nei campi di lavoro e trasportati con vecchi scuolabus americani (quelli gialli dei film, per intenderci, o quelli poco più moderni prodotti dalla Tata indiana) alle sedi di lavoro. Alla sera, il processo inverso.

Esiste poi la nutrita categoria degli “expats”. Sono generalmente americani ed europei che lavorano per le multinazionali presenti in Qatar (essenzialmente nel settore petrolchimico) oppure nei servizi. Sono ben pagati e generalmente frequentano i grandi hotel la sera (gli unici locali che sono autorizzati a servire alcolici). Il Qatar è un Paese atipico: non avendo medici, ingegneri, insegnanti, architetti del posto, è costretto ad importare tutte queste professionalità. Le cose cambieranno tra qualche anno, quando la locale università incomincerà a sfornare anche questi esperti.
Ci sono poi gli arabi in generale, che, generalmente benestanti, sono dediti al commercio o lavorano nelle società di servizi.

Infine ci sono i padroni di casa, i qatarini. Ho scoperto che quasi nessuno di loro deve lavorare per vivere, in quanto ricevono dall’Emiro un consistente assegno mensile per le piccole spese. Si vociferava di una cifra pari a 4000-5000 dollari (a questo punto aggiungo che in Qatar non si pagano tasse sulle entrate). Inoltre, sempre per gentile concessione dell’Emiro, gli stessi ricevono terreno e casa di proprietà qualora si sposino tra di loro, soldi alla nascita dei figli ed altri benefits economici assolutamente non trascurabili.

Come vive la popolazione di Doha?
In Qatar ci sono circa 800.000 persone, di cui oltre 300.000 nella capitale Doha. Nei mesi invernali la temperatura è mite (in novembre ci possono essere dai 25 ai 35°C a mezzogiorno, a dicembre dai 15 ai 25°C), ma i colleghi che hanno vissuto per almeno un anno mi raccontano che la città è vivibile da ottobre a marzo, dopodiché durante il giorno non è più possibile rimanere all’aperto. Nei mesi di luglio e agosto non è neanche possibile passeggiare all’aperto la sera tardi. E allora? Ci sono i grandi centri commerciali con l’aria condizionata, i grandi hotel con le piscine refrigerate, i ristoranti, le feste in casa etc.etc.. Per i lavoratori più poveri, la passeggiata la sera in riva al mare.

Cosa colpisce il novello visitatore?
- le auto di grossa cilindrata e grandi dimensioni e, al primo rifornimento, il costo irrisorio della benzina;
- l’assoluta inciviltà alla guida dei residenti di Doha;
- l’uso permanente dei cellulari, soprattutto quando si è alla guida. Io personalmente, sul volo di rientro da Dubai a Doha, ho visto la mia vicina di sedile inviare SMS e ricevere telefonate durante il volo;
- la tradizione, tipica di tutti i Paesi arabi, di contrattare sul prezzo degli oggetti;
- l’abitudine, mutuata dai periodi di caldo intenso, di cessare ogni attività commerciale e lavorativa dalle 12.00 alle 17.30; gli orari di lavoro istituzionali: dalle 7.30 alle 14.30, per i dipendenti statali e delle grandi multinazionali;
- le chiamate alla preghiera durante il giorno: impossibile non accorgersene. Sul tetto di ogni moschea (e in città sono molte) sono posizionati altoparlanti che amplificano la preghiera del mujaidin;
- i giorni di riposo: il venerdì e il sabato;
- il rispetto per gli oggetti altrui: per fare un esempio, nei periodi estivi, le auto vengono lasciate in sosta con il motore acceso (e di conseguenza le chiavi inserite nel quadro) ed il condizionatore inserito, mentre il proprietario è a fare la spesa. Niente viene mai rubato (anche oggetti di valore vengono lasciati incustoditi) per via delle severissime punizioni che attendono i ladri.

In conclusione, vale la pena visitare Doha e il Qatar?
Doha non esisteva quasi come città fino a 15 anni fa, era un villaggio di pescatori. A seguito degli eventi storici e dei soldi portati dalla estrazione massiccia del petrolio e del gas naturale, la città è esplosa sul modello delle grandi metropoli americane. Ci sono tantissimi grattacieli in costruzione, grandi centri commerciali, tutti i principali hotel delle grandi catene (Hilton, Inter-Continental…), la sede di Al-Jazeera (la televisione nata con gli attacchi alle Torri Gemelle e divenuta famosa per i proclami di Osama Bin Laden), le sedi di tutte le principali compagnie petrolifere e degli immancabili simboli dell’America: McDonald, PizzaHut… Appena fuori città c’è anche una grande base militare americana. Delle costruzioni tradizionali arabe è rimasto poco: hanno il bellissimo mare, il deserto alle spalle con il suo indiscutibile fascino ed un Paese dove il resto del territorio è praticamente disabitato.

In città vale la pena visitare: i numerosi “Souq” (mercati tradizionali arabi), il monumento alla perla (simbolo della città), il vecchio forte arabo, la “Corniche” (la lunga passeggiata in riva al mare), riconoscere qualche vecchia torre di raffreddamento sopra le case, fermarsi a mangiare un boccone e fumare la “sheesha” in qualche ristorante arabo in riva al mare. È poi bello fare una gita nel deserto e andare a vedere una corsa di cammelli o fare il bagno nel golfo Persico.
Il Qatar è un buon punto di partenza per visitare la penisola araba e accostarsi alla sua cultura.

Emanuele Salomone
Nuovo Progetto marzo 2007

 

 

 

 

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