Basilica della Natività

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


... dare disponibilità comporta sempre accettare un rischio, ma dal punto di vista cristiano questo è il solo modo per iniziare un percorso...

Ernesto Olivero

 

Nei giorni scorsi il Patriarca di Gerusalemme - ora lo posso dire dal momento che è di pubblico dominio - ha chiesto all’Arsenale della Pace la disponibilità ad accogliere tredici degli occupanti la Basilica della Natività e contribuire così a sbloccare una situazione che stagnava da cinque settimane.

Dall’inizio della crisi in Palestina, l’Arsenale si è raccolto in preghiera. Siamo stati vicini ai due popoli della Terra Santa anche con l’aiuto economico a motivo dell’amicizia che ci lega a quanti operano con coraggio e nascondimento in quelle terre.

Lo scorso anno poi il Patriarcato Latino di Gerusalemme ci ha chiesto di gestire una casa di accoglienza per giovani e portatori di handicap in Amman che sarà la terza sede del Sermig dopo Torino e San Paolo del Brasile.

L’Arsenale della pace non poteva non accogliere quel grido, non poteva non offrire concretamente una risposta di speranza, al di là di tante parole dette e mai corrisposte da fatti. Siamo convinti che non bastano le marce, gli slogans, le dichiarazioni, le parole, le buone intenzioni per far camminare la pace; si deve anche saper rispondere con gesti concreti.

La disponibilità a contribuire a questa opera di pace è stata immediata ed immediato è stato da parte nostra, il coinvolgimento del governo cui spettava il compito di trattare con gli altri governi le questioni spinose dell’ospitalità e dello status delle persone espulse.

Era il mattino del 25 aprile. Da quel giorno ogni passo è stato condotto nel silenzio, nella discrezione e nella preghiera. Dare disponibilità comporta sempre accettare un rischio, ma dal punto di vista cristiano questo è il solo modo per iniziare un percorso.
Poi si affrontano il come, il quando, il dove. La nostra non è stata la reazione emotiva di sprovveduti. Abbiamo sentito e raccolto il grido di dolore che proveniva dalla Basilica di Betlemme e abbiamo desiderato, insieme a tante persone di buona volontà, che fosse liberata al più presto senza ulteriore spargimento di sangue.

Il Sermig opera da trentotto anni in ambiti nazionali e internazionali: non abbiamo nulla da dimostrare. I fatti sono sotto gli occhi di tutti e sono verificabili. Abbiamo detto sì perché sentivamo di affermare le ragioni del Vangelo. A volte avvenimenti drammatici premono con urgenza alle porte del “palazzo”. Quando la politica sa cogliere le istanze e le sfide della storia, l’intera umanità progredisce nella civiltà e nella costruzione di un futuro nella pace.

In questa situazione, balzata alle prime pagine dei giornali non per nostro volere, noi ci siamo sentiti semplici strumenti di cui la Provvidenza si è servita per mettere i grandi e i potenti della terra di fronte alle loro responsabilità che non potevano più essere disattese.

Il 10 maggio, appena conclusa positivamente la vicenda, il Patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah ci ha scritto:

“Caro Ernesto,
la ringrazio per aver accolto, nella sua azione per la pace, il grido dei poveri lanciato dalla Basilica di Betlemme sotto assedio. Con il suo gesto ha messo in movimento il Governo Italiano e tutta la comunità Europea, e così ha aiutato e la persona umana in esilio e la liberazione della Basilica della Natività. La pace del Signore sia sempre con lei e tutta la sua comunità”.


Sappiamo che la nostra disponibilità ad accogliere i palestinesi espulsi ha provocato e provocherà consensi e dissensi. Molta gente, allarmata dai toni delle notizie, ha espresso con rabbia le sue paure. Questo ci dispiace. Siamo convinti che se si fosse dato più spazio al ragionamento e all’ascolto, avremmo aiutato la gente a capire che il nodo centrale della questione è il tragico conflitto fra israeliani e palestinesi, vera minaccia alla pace di tutti, piuttosto che la gestione di tredici persone per le quali non era impossibile – e lo si è visto – trovare una sistemazione adeguata in Europa grazie alla mediazione dell’Italia, nel rispetto della sicurezza di tutti.

Ciò che tutti concordavano si dovesse fare, ma nessuno ha fatto da settimane, si è concretizzato in tre giorni. Mi domando semplicemente come mai…

Insieme ai giovani della Fraternità del Sermig ho vissuto queste settimane di tensione in una fiduciosa speranza e sono contento che tutto si sia risolto senza vittime e senza gravi danni per la Basilica. Qualora venisse richiesta da parte del Governo Italiano la nostra disponibilità ad accogliere alcuni di questi esuli, ancora una volta saremmo pronti a metterci in gioco con un programma serio e con l’aiuto di persone competenti, come già in passato abbiamo fatto, ospitando persone pericolose e apparentemente irrecuperabili.

Non nascondo la sofferenza per essere stato impropriamente accusato di aver messo a repentaglio lo svolgersi della vita di un quartiere già provato e di una città. Ho sempre ribadito la disponibilità all’accoglienza, accoglienza non necessariamente legata alla sede di Torino. Forse bastava una telefonata per essere rassicurati ed evitare inutili polemiche. A tutte le persone che hanno espresso il loro dissenso e hanno rivolto queste accuse, desidero ripetere che l’Arsenale è e resta comunque una porta aperta a tutti. Anche a tutti loro.

Ernesto Olivero

 

 

 

 

 

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