BIRMANIA: per saperne di più / 1

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Si parla molto di quello che sta accadendo nel Paese nelle ultime settimane, ma quanti di noi ne conoscono la storia e la vita?

dal Dossier Iscos


UNA STORIA ANTICA

La Birmania, ovvero Myanmar, com’è stata ribattezzata da qualche anno, è un Paese di circa 50 milioni di abitanti su 671.000 kmq di superficie, stretto tra Thailandia ad est, Bangladesh ad ovest, India e Cina (Yunnan) a nord. Le ultime propaggini dell'Himalaya, segnano la linea di confine con la Thailandia, mentre le pianure si estendono al centro e sud del Paese.
E’ un Paese classificato tra i dieci più poveri del mondo, con una mortalità infantile pari al 99%, durata della vita media fino a 55 anni, uno Stato governato dal 1964 da una giunta militare che ha instaurato uno dei regimi più brutali e tirannici dei giorni nostri.

Ha avuto una storia complessa e tormentata, con lunghi periodi di caos e lotte furibonde tra le varie etnie che la abitavano, a partire dai Pyu e dai Mon, di origine mongola, che vi fondarono il mitico regno di Pagan nell'VIII secolo d.C.
Ora le etnie presenti sono: Birmani (68%), Shan (9%), Karen (7%), Arakani (4%), Mon (2%) oltre a cinesi (3%) e indiani (2%). Le etnie più ribelli sono i Karen e gli Shan, che abitano le colline lungo il confine con la Thailandia e il Laos.
La religione più diffusa è, sin dalle origini, una forma di Buddhismo, il “Theravada”, ma sono presenti anche molti cristiani e nella regione dell'Arakan, verso il Bangladesh, vi sono molti musulmani; inoltre è tuttora praticato l'animismo.

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Il Buddha Couche Dawei
Nel corso dei secoli grandi regni si alternarono a periodi di lotte e confusione, finché a fine ottocento il Paese fu occupato dagli Inglesi che lo tennero in pugno, dandogli una certa forma d’ordine fino al 1948; gli inglesi approfittarono anche abbondantemente delle enormi foreste di teak esistenti nel Paese.
Mentre l'autonomia birmana e lo spirito nazionalista crescevano gradualmente, Bogyoke Aung San, che sarebbe diventato il "padre fondatore" della Birmania ritornava in patria accompagnato da un esercito giapponese e fondava il “Burma National Army” (BNA).
Tra i suoi seguaci annoverava colui che sarebbe diventato il futuro dittatore per più di trent'anni: il generale Ne Win.

Dopo la proclamazione dell'indipendenza
, il Paese si disintegrò in una lotta di tutti contro tutti. Il nuovo governo centrale birmano alla guida di U Nu (mandante dell'assassinio di Aung San) riuscì faticosamente a riprendere il controllo della situazione. C'era però un grave problema da affrontare: la presenza dell'esercito del Kuomintang, cioè i nazionalisti cinesi, che, sconfitti nel loro Paese, si erano installati nel nord della Birmania e di qui facevano incursioni in Cina, grazie all’aiuto degli USA e ai lauti proventi ricavati dalla coltivazione del papavero da oppio.
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Bogyoke Aung San

Nel 1958, U Nu, sentendo che la situazione gli sfuggiva di mano, passò le redini a Ne Win. Il sistema democratico che faticosamente era riuscito a reggere fu spazzato via definitivamente quando Ne Win prese il potere una prima volta nel 1962 e quindi, definitivamente e con la forza, nel 1964. La dittatura da lui instaurata, etichettata come "strada birmana verso il socialismo", con ampio ricorso alle nazionalizzazioni, non portò che ad un peggioramento della situazione politica ed economica e a un aumento dello scontento generale. Alla fine del 1974 scoppiarono violente rivolte e manifestazioni studentesche, ripetute nel 1988, con la partecipazione dei monaci buddisti e di una grande parte della popolazione. In entrambi i casi la reazione militare fu molto violenta.

Dopo quest'ultima rivolta Ne Win fu costretto ad andarsene, ma continuò - fino al suo recente decesso, il 5 dicembre 2002 - a reggere le fila della politica dietro le quinte. Nel 1988 fu costituito lo SLORC (State Law and Order Restoration Council - Consiglio di Stato per il ripristino di legge e ordine) che impose la legge marziale, peggiorando drasticamente la situazione di violenza diffusa e di negazione dei diritti elementari. La giunta militare chiuse scuole e università, proibì i servizi sanitari di base, strangolò il Paese.

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Aung San Suu Kyi
Dal 1988 ad oggi ha più che raddoppiato l'esercito portandolo a 400.000 uomini e ha rafforzato la presenza militare nelle regioni e negli stati con presenza di minoranze etniche, usando il trasferimento coatto di grosse fette di popolazione come arma di repressione politica. A tutt'oggi ogni libertà, politica, religiosa, di stampa, di assemblea e di associazione è bandita. Molte persone spariscono per ore o settimane, alcune non sono mai ritornate. Tortura, percosse e altri abusi sono il pane quotidiano per i prigionieri. La pratica più comune è la privazione del cibo e del sonno, associata a sfibranti interrogatori che durano intere giornate.

Nel 1990 la giunta militare, sicura di avere ormai il controllo del Paese, indiceva libere elezioni per darsi un'immagine democratica a livello internazionale.
Le elezioni si risolsero invece in una schiacciante vittoria elettorale della “Lega Nazionale per la Democrazia” (NLD), il partito d'opposizione guidato da Aung San Suu Kyi. Il governo ignorò l'esito delle elezioni e migliaia di iscritti alla NLD furono costretti a dare le dimissioni e a fuggire in esilio, o imprigionati.

Aung San Suu Kyi, messa agli arresti domiciliari nel 1989, riacquistò la libertà di movimento soltanto nel 1995, senza però poter svolgere attività politica liberamente. In nessun conto fu tenuto il fatto che nel 1991 le fosse stato insignito il premio Nobel per la pace. Fu anzi nuovamente condannata agli arresti domiciliari nel settembre 2000 fino al maggio 2002. Ora Aung San Suu Kyi è, da pochi giorni, nuovamente in carcere.

Quale che sia la conclusione delle vicende di questi giorni, l'esercito non ha nessuna intenzione di lasciare il potere. Solo a lungo termine si potrà pensare di ridurne le dimensioni e il fardello finanziario che comporta. In questo contesto la popolazione e le minoranze etniche dovranno attendere a lungo prima di vedere riconosciuti i propri diritti.

MOLTE RISORSE, MOLTA POVERTÀ

Dopo essere stata negli anni cinquanta uno dei Paesi ricchi del sud-est asiatico, la Birmania fu classificata dall'ONU nel 1987 (cioè un anno prima che Ne Win fosso costretto a lasciare il potere) come "LDC" (least developed country = Paese tra i meno sviluppati). Il ricorso al liberismo, adottato dal 1990, dopo gli anni di regime statale, non ha prodotto segni di ripresa, malgrado gli sforzi della giunta, che tra il 2000 e il 2002 ha cercato fra l'altro di potenziare il turismo.

Benché i dati ufficiali siano molto scarsi e inaffidabili, anche a causa della diffusissima pratica del mercato nero, è chiaro che la Birmania è un Paese ricco di risorse - immense foreste di teak e legno duro, ma anche giacimenti minerari, petrolio e gas naturali - che soffre di una terribile povertà rurale (e il 73,4% della popolazione è impiegato in agricoltura), soffocato da gravi squilibri macroeconomici.

Oltre alla palese incompetenza e corruzione del governo, legato a doppio filo con il sistema della droga e del riciclaggio di denaro sporco, sul Paese ha pesato gravemente la sospensione degli aiuti destinati ai Paesi in via di sviluppo, proclamata nel 1997 dall’Unione Europea, a causa della totale assenza di democrazia. Nelle voci del bilancio statale, la spesa militare rappresenta il 50% del totale. D'altra parte, negli anni 1998-1999 la spesa per l'educazione costituiva solo il 6,98%, mentre il 2,6% era destinato alla sanità.

Dossier Iscos
Torino 2003

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