CAPODANNO 2009 ALL’ARSENALE DELLA PACE

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Nostalgia di Infinito, economia della restituzione, sobrietà e giustizia sono i contenuti del tradizionale Cenone del Digiuno e della Marcia della Pace proposti dal Sermig per la serata del 31 dicembre scorso, dal titolo: “Nel buio di una grande crisi c’è sempre una luce”.

La redazione

Torino, 31 dicembre 2008, ore 20.15: il padiglione dell’ex arsenale militare di Piazza Borgo Dora, che un tempo serviva alla produzione dell’artiglieria pesante per l’esercito italiano ed ora ospita iniziative di pace e di dialogo, inizia a riempirsi di gente. Alle 20.30, orario fissato per l’inizio della serata, il salone è già gremito e viene collegata in video una seconda sala.
Ci sono i giovani, tanti giovani da ogni parte d’Italia, ma anche gente di tutte le età. Ci sono amici credenti e non credenti, con i quali il Sermig cammina fianco a fianco nel servizio all’uomo, insieme a religiosi e religiose di ordini diversi. Ci sono famiglie del quartiere di Porta Palazzo, marocchine, cinesi, rumene… orgogliose perché i loro figli per la prima volta cantano con il coro dell’Arsenale della Pace davanti a tante persone.

Nel pubblico e anche nel coro ci sono ragazzi e ragazze da R.D.Congo, Somalia, Costa d’Avorio… sono rifugiati politici ospiti delle accoglienze dell’Arsenale della Pace. Questa serata, che inizia ricordando tutte le popolazioni sui cui territori si sta combattendo una guerra, è anche per loro.
C’è soprattutto la gente comune, quella gente che oggi si sente “al buio” e a volte chiede al Sermig aiuto per accendere una luce sul proprio cammino. La stessa gente che, spesso, sa farsi a sua volta luce per chi sta peggio.
Giovani tra il pubblico

Proprio al passaggio dal buio alla luce è ispirato il titolo della serata: “Nel buio di una grande crisi c’è sempre una luce”. E la fotografia del buio è affidata alle frasi raccolte dal mensile del Sermig Nuovo Progetto tra 1.000 giovani e giovanissimi attraverso un sondaggio. Frasi impietose ma vere, come sono spesso le parole dei giovani.
Le voci dei lettori (tutti all’Arsenale della Pace per un’esperienza di formazione, servizio e preghiera) squarciano il buio della sala, chiedendo risposte.

Logo della serata
I tre momenti che seguono rincorrono queste risposte, attraverso testimonianze, animazioni, video. Prima di tutto nel recupero di “un’ossatura spirituale” che il nostro mondo non conosce quasi più, nel riattivare la capacità di incontrare l’Infinito. Che cos’è l’Infinito, si chiedono i giovani? È trattare gli altri in un modo umano, è trattare gli altri senza alzare la voce, è trattare gli altri senza preconcetti. “Per chi riesce a lottare contro il preconcetto che ha dentro, l’Infinito ha spazi immensi” suggerisce la voce fuori campo.
Questo cammino però non si percorre da soli. Chi pensa di bastare a se stesso prima o poi picchia la testa contro il proprio limite, come è successo al signor Rossi, il buffo personaggio protagonista di un breve video amatoriale girato dai giovani nei giorni precedenti. “Ho bisogno degli altri” conclude il signor Rossi. E subito il conduttore rilancia: “Questa crisi che la nostra società sta attraversando la supereremo solo insieme, riscoprendo il “noi”.
La supereremo riscoprendo “l’economia della restituzione”, quell’economia, cioè, dell’attenzione all’altro e della solidarietà che ci permette di vedere e soccorrere i bisogni del vicino di casa, del conoscente, del nostro dipendente… ricevendone a nostra volta solidarietà quando necessario. La stessa economia che ha reso nuovamente “spendibili” nella vita sociale le capacità e le energie di Francesco Ardizzino, sordo cieco, il quale dal ripiegamento sul proprio dramma è passato al diventare testimonial a favore di chi condivide il suo disagio.

Ma per scoprire l’economia della restituzione occorre dare spazio alla voce della coscienza dentro di sé
. Così Ernesto Olivero prende la parola e con la sua “Lettera alla coscienza” ricorda i danni dell’avidità, fa appello alle potenzialità sopite dei giovani ed invita a tornare a Dio, per cambiare la rotta di questo tempo buio. Il suo intervento è anche ricordo per chi non ha avuto paura di portare una presenza di luce in situazioni difficili. Si tratta di Maria Teresa e Rinuccia, le due suore del Movimento Missionario Contemplativo padre de Foucauld rapite 50 giorni fa in Kenya.
Elisabetta, una consorella che ha vissuto sei anni con loro in Kenya, esprime a voce alta l’interrogativo che forse ci siamo posti tutti: “Ne è valsa la pena?”. La risposta che ci offre non è fatta di parole, di ragionamenti, ma di volti, di nomi, di storie di persone: per ognuna di loro, ne è valsa la pena. In sala l’applauso esplode, portando con sé l’augurio che il dono di sè delle due suore possa riprendere ad essere nella libertà.
Piccola Sorella Elisabetta

Arrivato nel frattempo per un saluto, il Sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, esordisce con un ringraziamento: “Essere la città dell’Arsenale della Pace è per me che la rappresento e per tutta la comunità torinese un elemento di grande orgoglio”. Continua: “Ci aspetta un anno che tutti dicono difficile, ma lo sapremo affrontare con rigore, determinazione e fiducia”. Sottolinea in modo particolare il bisogno di fiducia, che “viene dal guardare con realismo i problemi, ma forti di una grande tensione utopica”.

Il planisfero che ruota sullo schermo di fondo della sala ricorda che la fiducia si può imparare anche dal mondo al quale è stato dato il nome di “terzo” ma che potrebbe insegnarci, per esempio, a vivere con meno di 50 euro al mese. I due video che seguono suggeriscono che la risposta, forse, sta nel riunire il terzo e il primo mondo, ancora una volta attraverso un’economia della restituzione. È così che gli uomini di strada, ospiti dell’Arsenale della Speranza in Brasile, fanno crescere la Foresta del bene nella loro immensa città, San Paolo, con azioni di solidarietà verso i più poveri di loro, e ne insegnano il sapore alla coppia di sposini veneti che hanno trascorso là la luna di miele. Un giovane legge una testimonianza

È così che una ragazzina kirghiza, tornata al suo Paese guarita da una grave malattia dopo oltre un anno di permanenza in Italia per cure, con tutta la sua famiglia manda agli “amici del Sermig” che l’hanno ospitata il suo sorriso, la sua gioia di vivere, la sua scoperta che dal buio uscire si può, se si accetta di lottare insieme.

Momento simbolico della serata Chi frequenta da tempo il Sermig sa che alle riflessioni la comunità è solita abbinare i gesti concreti. Anche quest’anno perciò chi conduce la serata propone di raccogliere ciò che i presenti avrebbero speso per un cenone tradizionale e devolverlo ai progetti di solidarietà della casa in Italia e nel mondo: “Un atto di giustizia nelle nostre mani per aiutare questo mondo ad incontrare la sobrietà e il buon senso” spiega Olivero.
È il momento della “restituzione” e del Cenone del Digiuno. Semplici sacchetti di iuta passano di mano in mano, interpellano la voglia di coerenza dei presenti, si riempiono non solo di denaro ma anche di impegni silenziosi che diventeranno presto luce per tanti, tanto più preziosi ora che la “crisi” potrebbe fornire un alibi per chiudere i cordoni della borsa e del cuore.
Una fetta di pane distribuita a tutti mette il sigillo della condivisione e dell’essenzialità al gesto.
Il coro e l’orchestra dell’Arsenale della Pace preannunciano con il canto l’avvio della Marcia della Pace che attraverserà tra poco le vie del centro città, sino a raggiungere alle 24.00 il Duomo per la celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo card. Poletto.
Un ultimo gesto simbolico avviene sul palco: tre coppie di giovani indossano dei cartelli con i nomi di sei Paesi che vivono forti tensioni (oltre al Kenya teatro del rapimento delle suore, Israele e Palestina, R.D.Congo, Somalia, India, Guinea Conakry) e si legano i polsi con una striscia di stoffa bianca sulla quale è scritto “Rinuccia e Maria Teresa libere”. I giovani distribuiscono queste strisce agli oltre 1.000 partecipanti alla Marcia della pace.
Camminando per Caterina e Maria teresa

La marcia sotto lo slogan “La pace è dialogo, camminiamo per Caterina e Maria Teresa” si è conclusa con la partecipazione alla Messa in Duomo presieduta dal Card. Poletto. Nella sua omelia, il pensiero alla guerra in Terra Santa e una riflessione sulla crisi, con un richiamo fermo alla responsabilità di tutti, a livello personale, famigliare e collettivo.

La preghiera per Caterina e Maria Teresa continua.

La redazione
“Lettera alla coscienza”, di Ernesto Olivero
L’intervento del Movimento Missionario Contemplativo padre de Foucauld
Il saluto del Sindaco di Torino
Fotogallery
Vedi anche:
APPELLO DEL SERMIG PER LE SUORE RAPITE

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