Chi crede si fa gli affari degli altri

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Introduzione di Ernesto Olivero alla veglia di preghiera che si è tenuta presso l’Arsenale della Pace in preparazione della Terza assemblea ecumenica europea di Sibiu (alla quale partecipano anche due esponenti del Sermig).

a cura della redazione

 
ernesto5.jpg Ho sempre la Bibbia con me. Poco fa, mentre la sfogliavo pregando, mi sono imbattuto nel brano che descrive il re persiano Ciro come uno strumento nelle mani di Dio. Noi dovremmo essere tutti strumenti di Dio. Sono meravigliato per il fatto che tra cristiani non ci chiamiamo ancora con lo stesso nome. Vorrei veramente che chi di noi crede in Dio si riconoscesse fratello e sorella. Sono meravigliato per il fatto che in passato ci siamo divisi e ci troviamo fino ad oggi a vivere ancora divisi. Sono meravigliato!

Pensate che abbiamo in mente di cambiare il titolo della nostra regola “La gioia di rispondere Sì” in “La regola del Sermig per chi crede, per chi crede di credere, per chi crede di non credere”. Nell’introduzione ho scritto: “Queste pagine sono il mio sogno di vivere come Gesù vivrebbe oggi; il sogno che il respiro diventi preghiera; il sogno di vivere come fratelli e sorelle tra noi e con tutti gli uomini e le donne del mondo; il sogno che ogni incontro sia un appuntamento con Dio; il sogno che ogni problema diventi un’opportunità per amare di più Dio, per amarci di più tra di noi, per rendere un po’ migliore questo mondo; il sogno che questo sogno diventi il sogno di mille e mille ragazzi che fanno della loro vita il loro sì”.

Scrivere un titolo per credenti e per non credenti è molto impegnativo. La storia di questa casa è diventata una storia importante non tanto per merito nostro, ma per le persone che abbiamo incontrato. Uno degli incontri che ci ha fatto andare più in profondità è stato quello con Norberto Bobbio. Un giorno discutevo con lui di credenti e di non credenti. Io sostenevo che non conta tanto definirsi credente o non credente, conta piuttosto essere uomini di buona volontà oppure di non buona volontà. Bobbio mi chiese: “Quale differenza passa tra gli uni e gli altri?”. Risposi: “Gli uomini di buona volontà sono quelli che per le proprie motivazioni religiose, filantropiche, filosofiche, si fanno gli affari degli altri, mentre gli uomini di non buona volontà sono quelli che per le stesse motivazioni si fanno gli affari propri”. Sorrise e annuì.

Sono nato in meridione, da papà piemontese e da mamma di Avellino e l’ascendente piemontese mi fa sentire un po’ bastian cuntrari come si dice. Se essere credente significasse per me considerare i miei fratelli non credenti persone di seconda categoria, rifiuterei questo dono per stare allo stesso livello di chi non ha la fede. Ciò che ci rende uguali è che Dio ama allo stesso modo sia il credente che il non credente. Ho conosciuto Dio da bambino e mi sembrava naturale parlare con Lui. L’incontro con Lui mi ha accompagnato sempre, è diventato relazione d’amore, mi ha spinto ad occuparmi con passione degli altri senza mai abbandonare il dialogo con Lui. Dopo tanti anni continua così. Non sono ancora del tutto povero, mite, puro, pacifico. Non riesco ancora a porgere l’altra guancia quando qualcuno mi fa del male, ma sto con Dio, mi sento amato da Lui e Lo amo con tutto me stesso.

Con Dio ho portato avanti l’avventura del Sermig che mi sono ritrovato a fondare 43 anni fa. Scherzosamente, ma a volte attraverso lo scherzo si dice la verità, affermo che è Dio il vero fondatore del Sermig. Il compito più impegnativo per me è quello di non rovinarlo. Con il desiderio che nessuno di noi, a cominciare da me, rovini l’opera di Dio che c’è nel nostro cuore, vi diamo il benvenuto. Questa è casa vostra. Ogni volta che c’è un luogo di preghiera in cui i cristiani si ritrovano è casa di tutti quelli che credono in Dio e non dovrebbero esserci etichette. Noi che crediamo in Dio dobbiamo amare il nostro prossimo. Noi che crediamo in Dio dovremmo amare lo straniero, amare il carcerato, amare l’ammalato. È quello che stiamo cercando di fare in questa casa, ma se vi capita di osservare che c’è qualche cosa che non funziona in noi ditecelo, accetteremo la correzione fraterna. Se siamo diventati un po’ diversi da quando siamo nati è perché abbiamo accettato tante e tante correzioni fraterne, ma non abbiamo mai smesso di pensare che Dio doveva diventare il nostro tutto. Con queste parole vi diciamo che vi vogliamo bene e che siamo contenti di stare insieme a voi.

Ernesto Olivero
Arsenale della Pace
Torino, 1 settembre 2007

 

 

 

 

 

 

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