CINA: Senza diplomazia

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Arcivescovo di Hong Kong, Joseph Zen è la voce della Chiesa cattolica cinese (12 milioni di persone, l’1 % della popolazione), la cui situazione non esita a definire di “schiavitù”.


a cura della redazione


cardinal_zen.jpg Arcivescovo di Hong Kong, salesiano, Joseph Zen (foto a lato) è nato a Shangai; a Torino è stato ordinato sacerdote nel 1961. E’ la voce della Chiesa cattolica cinese (12 milioni di persone, l’1 % della popolazione). Il venerdì santo di quest’anno nella Via Crucis del Papa trasmessa in mondovisione sono state lette le sue meditazioni. Eletto nel 2003 “Uomo dell’anno” dai giornali di Hong Kong, il 12 maggio scorso, è intervenuto alla Fiera del Libro di Torino, facendo il punto su una situazione che non ha esitato a definire di “schiavitù”.

Si è tenuta il 24 maggio la Giornata universale di preghiera per la Chiesa in Cina indetta da Benedetto XVI, che ha anche invitato i fedeli a recarsi al santuario di Sheshan, fuori Shangai, dedicato a “Maria aiuto dei cristiani”, la cui festa ricorre appunto il 24 maggio. Ma i pellegrinaggi sono stati subito vietati dal governo cinese. Un segnale in contrasto con l’apparente progresso delle relazioni tra Cina e Santa Sede segnato dall’esecuzione alla presenza del Papa del Requiem di Mozart da parte dell’orchestra Filarmonica cinese dell’Opera di Shangai, avvenuta il 7 maggio 2008 in Vaticano. Proprio da questi segnali contraddittori parte la testimonianza del card. Joseph Zen, sottolineando la propria missione di “parlare francamente” di una realtà che, se non conosciuta, non potrà neppure migliorare.

IL SIGNOR LIU BAINIAN
La Cina è grande e la sua organizzazione è complicata. Al livello più alto della politica estera c’è molto interesse al miglioramento delle relazioni diplomatiche; ecco il perché del concerto offerto al papa. Ma ad un livello più basso, l’Ufficio degli Affari religiosi, la Pubblica Sicurezza e l’Associazione patriottica (AP: lo strumento del governo per il controllo di tutta l’attività della chiesa cattolica cinese), interessati alla loro posizione di comando - ed ai relativi vantaggi, anche economici - resistono ad ogni eventualità di un cambiamento.
Dopo che nella sua Lettera ai cattolici cinesi il Santo Padre ha detto che l’AP non può essere accettata, il presidente Jintao ha stretto la mano al suo vice presidente Liu Bainian (un laico, noto a tutti come “il papa della chiesa ufficiale”), mettendone la foto in prima pagina sul giornale del governo. L’AP costituisce un vero ostacolo alle relazioni tra chiesa e governo. Se confrontiamo per esempio Cina e Vietnam, in Vietnam il governo non è riuscito a creare l’AP, ed il miglioramento è più facile, perché la chiesa locale tratta con il governo. In Cina invece c’è sempre questo diaframma e la chiesa non ha modo di avvicinare le autorità per dialogare, poiché colui che si presenta come rappresentante della chiesa, in realtà rappresenta il governo.

LA SCHIAVITÙ DEI VESCOVI
Se la chiesa cosiddetta clandestina è fuori legge – per cui vescovi e preti in qualsiasi momento possono essere arrestati - la chiesa cosiddetta ufficiale è vincolata non solo riguardo alla nomina ma anche all’attività dei vescovi. Nominalmente esiste una Conferenza episcopale, che però non può radunarsi spontaneamente, ma solo su convocazione del governo.
Sopra la Conferenza Episcopale e l’AP, esiste un’Assemblea dei rappresentanti della Chiesa cattolica, che è l’autorità suprema. Include tutti i vescovi, rappresentanti dei preti, delle suore, dei fedeli. Si raduna ogni cinque anni, oppure per eleggere autorità ecclesiali. Seduti davanti a tutti ci sono gli ufficiali del governo. Il vice presidente dell’AP, Liu Bainian, indica chi votare e l’interessato viene eletto. “E’ veramente una schiavitù ed un’umiliazione per i nostri vescovi” commenta tristemente il cardinal Zen.
Preti e vescovi sono costantemente disturbati da ordini di ogni genere e per poter operare apertamente accettano queste limitazioni. “Eppure – aggiunge Zen - sappiamo che con la libertà religiosa tutti ci guadagniamo, anche la nostra patria. Ci potremmo rendere utili, come già è nella società di Hong Kong, con scuole, organizzazioni di assistenza sociale, ospedali… La Chiesa quando è libera è elemento di progresso nella società”.
Anche ad Hong Kong, peraltro, desta preoccupazione una nuova legge del governo cinese per limitare il controllo diocesano sulle scuole cattoliche. Contro tale legge è stato fatto appello, poiché contraddice la legge basilare di Hong Kong, la quale prevede che le organizzazioni religiose possono amministrare scuole in proprio.

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foto SIR

BOOK

Dorian Malovic, Senza diplomazia. Il cardinal Zen e la Cina comunista, San Paolo 2008
“Io sono cinese. Per quel che mi riguarda non ho nessun problema ad essere fedele alla mia patria ed al Vaticano”.
Joseph Zen

Michele Ferrero, Il cardinale Zen. Rosso speranza, Elledici 2007

Gerolamo Fazzini, Il libro rosso dei martiri cinesi, San Paolo 2006

Étienne Ducornet, La Chiesa e la Cina, Jaca Book

FEDELI E SACRAMENTI

I fedeli non patiscono particolari persecuzioni da parte del governo, com’era invece quando nacque la divisione tra chiesa ufficiale e chiesa clandestina. Dal canto suo il Santo Padre, già negli anni ’80, ha sempre lasciato intendere che i fedeli hanno diritto ai sacramenti e per riceverli possono rivolgersi anche alla chiesa ufficiale.
Va fatta una distinzione tra illegittimità e validità. Se la Chiesa riconosce che un vescovo illegittimo è stato validamente ordinato, anche tutti i preti da lui ordinati lo sono validamente, e sono validi i sacramenti che amministra. Ciò permette di alleggerire il peso sulle spalle dei fedeli. Alcuni di loro però preferiscono essere privati dei sacramenti che frequentare le chiese ufficiali, perché sembrerebbe loro di sostenere un sistema illegittimo. Inoltre, la legge cinese vieta l’educazione religiosa fino ai 18 anni.

 

IL PAPA IN CINA?
Negli ultimi tempi ci sono state visite di autorità ecclesiastiche in Cina, ma sono state strumentalizzate: si è trattato sostanzialmente di visite turistiche, ed agli ospiti il governo ha mostrato solo ciò che voleva. Se non si creano le condizioni per una vera apertura, una visita del papa sarebbe inutile se non controproducente. Un rappresentante del Vaticano in veste ufficiale non è bene che incontri persone che non rappresentano la vera chiesa cinese, ma sono asservite al governo.

SEMINARI ED UNIVERSITÀ

Il card.Zen ha insegnato per sette anni nei seminari della chiesa ufficiale in Cina, dal ‘89 al ’96 per sei mesi all’anno. All’inizio solo a Shangai, poi anche in altre città tra cui Pechino. Il controllo del governo varia da un luogo all’altro. A Shangai (dove c’erano 120 seminaristi!) era molto blando, e Zen ha potuto insegnare con molta libertà, mentre nel seminario nazionale di Pechino l’AP spadroneggiava. Il comitato di direzione dei seminari è composto per metà da vescovi e per metà da ufficiali del governo. I seminari sono tutti regionali ed i seminaristi per accedervi devono avere l’approvazione non solo del loro vescovo ma anche del governo locale, previa indagine sull’orientamento politico della loro famiglia.
Uno dei problemi in questo momento è che in Cina esistono o preti molto anziani, che non hanno mai avuto occasione di studiare, o molto giovani e senza titoli.
Anche dalle Università arrivano segni di apertura: purché non si sconfini nella politica, è permesso studiare il “fenomeno” della chiesa cattolica e molti professori sono pieni di ammirazione per i suoi valori umani.
Il governo però continua a temerne i valori spirituali, ed in particolare la disponibilità dei suoi fedeli a morire per essi, benché la chiesa cattolica abbia sempre cercato di non provocare il governo e di assoggettarsi a molte indicazioni. Ma a lunga scadenza bisogna sfidare questo regime…

A cura della redazione
da Nuovo Progetto giugno-luglio 2008
Vedi anche:
CINA: Un anno dalla Lettera del Papa (altri link in calce)

 

 

 

 

 

 

 

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