Dio e io

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Cammino insieme a Dio o… davanti a Lui?


di Ernesto Olivero

Un giorno un mio amico di nome Sergio che fa il massaggiatore scherzosamente mi disse: “Con te non si può discutere. Vinci sempre. Siete in due contro uno”. Intendeva dire che il Padre Eterno mi dà una mano. Questa frase scherzosa mi ha fatto riflettere. So che non sono solo, che Dio è vicino a me e a tutti quelli che credono in Lui, e che posso fare con Lui un gioco di squadra. È per questo che noi cristiani non dovremmo mai dire “secondo me”, ma “secondo noi”, perché dovremmo saper vivere ogni momento alla presenza di Dio, del Figlio di Dio che ci ha detto: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).
Allora dire:“Dio ed io sosteniamo che la guerra è ingiusta” non è una forzatura, non è un gesto di superbia, non è attribuirmi un ruolo che non mi appartiene, non è mettermi la verità in tasca. È testimoniare, nella vita quotidiana e nella storia che mi tocca in sorte, la presenza di Dio che ha qualcosa da dire, qualcosa che io condivido.

L’errore sarebbe dire “io e Dio”, sostituire il mio ego a Dio. Per questo è importante stare dentro la Chiesa, sentirsi dentro la barca di Pietro, in questa millenaria tradizione di fede, di spiritualità, di testimonianza.

E allora posso continuare a dire:
Dio ed io pensiamo che un carcerato, come qualsiasi uomo che ha sbagliato, deve avere la possibilità di cambiare vita, di risorgere; secondo Dio e me la vita è sacra; secondo Dio e me la misericordia è più grande di qualsiasi sbaglio; secondo Dio e me, qualsiasi problema abbia l’uomo, in Dio c’è una soluzione che non è mai quella che pensa l’uomo.

Mi capita a volte di leggere su riviste religiose, interrogativi sul senso della vita consacrata, di annotare il pessimismo di chi non sa più come affrontare i problemi, il dramma di chi nelle chiese vede solo più i muri e non la gente. Chi dà la vita a Dio dovrebbe cominciare a chiedersi perché la gente non va più in chiesa. È il messaggio che non è più credibile o piuttosto sono io a non essere credibile? Non posso solo addossare la colpa di questo fatto alla cultura dominante che vuole fare a meno di Dio.

Gesù, che è il Maestro, ripete in continuazione di servire, servire, servire, essere servi gli uni degli altri. Ma io fedele laico lo faccio? Io prete, vescovo, cardinale sto servendo, sto lavando i piedi, o a forza di stare nel mondo sono diventato un politicante?

Il card. Ratzinger aveva scritto, per la meditazione della IX stazione della Via Crucis del 2005: “Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa?… Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”.
Questa forte denuncia ha smosso le coscienze all’interno della Chiesa? Qualcuno è andato in crisi? Qualcuno ha fatto un ripensamento e ha cambiato vita?

Penso che un ragazzo deve farsi prete non per diventare uomo di potere, ma testimone riconoscibile, non un uomo che fa cose eccezionali, ma che aiuta insieme ai parrocchiani chiunque ne ha bisogno, nella normalità, nel quotidiano, aiuta chiunque cristiano o non cristiano, italiano o straniero, povero o ricco, …
Un ragazzo che vuole farsi prete o monaco, una ragazza che si consacra, una famiglia che vuol vivere il vangelo, vive alla presenza di Dio, perché chi non è pieno di Dio, è pieno di sé; prega e lavora, prega e studia, prega e ascolta, prega e serve, prega e parla, prega e dorme, prega e insegna, prega e accoglie, prega sempre. Prega e diventa come Maria: attenta, accogliente, materna, fedele, piena di speranza.

Ernesto Olivero

 

 

 

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