Dumia: luogo del silenzio

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Dumia: luogo del silenzio



Inizialmente Bruno pensò di costruire un luogo di culto nel quale ci fosse spazio per oranti delle tre grandi religioni: ebrei, cristiani e mussulmani, e un veterano del villaggio gli disse: “In questo luogo non ci sarebbe un posto anche per me che sono un ateo?”. Bruno, che era come un giocatore di scacchi, era geniale, rispose in modo sublime: “Il luogo è il silenzio”, e creò la cosa più straordinaria della sua visione spirituale. Anche oggi in questo luogo del silenzio molte persone si recano e in silenzio accendono una candela o in silenzio pregano.
Quando incontrai quest’uomo non mi feci l’idea di avere incontrato una persona eccellente, perché quello che lui ti dava era l’impressione che eri tu un uomo di talento, una persona eccellente. Questo era il dono che Bruno era capace di dare. Negli ultimi giorni della sua esistenza - ci alternavamo al suo capezzale -, mi è capitato di avere tra le mani un libro di racconti e di leggerne uno a Bruno intanto che lui stava riposando.

Il racconto era intitolato “Il vecchio saggio rabbino e l’abate del monastero”.
«Nel medioevo c’era un meraviglioso monastero. Dentro c’erano persone molto spirituali, molti monaci impegnati che venivano a studiare e a migliorare se stessi. Poi però iniziò una decadenza; un giorno il monastero era ridotto a tre monaci con l’abate; iniziarono a dire che quando sarebbero morti loro tre e l’abate il monastero sarebbe stato chiuso.

Uno di loro disse: “Dobbiamo fare qualcosa, c’è un vecchio saggio rabbino che vive tutto solo nella foresta in fondo alla vallata, perché non andiamo a consultare lui e vedere se ha una soluzione?”.
L’abate aderì alla richiesta, andò alla capanna in cui viveva il rabbino, suonò la porta. Il rabbino aprì e rimase sorpreso. L’abate disse: “Amico mio, sono venuto a vedere se mi puoi dare un consiglio”. Raccontò la storia triste del monastero, il rabbino si raccolse in meditazione, dopo un po’ gli disse: “No, non ho un consiglio da darti”. L’abate rimase deluso, si girò e se ne andò.

Mentre si stava allontanando il vecchio saggio cominciava a ridere, l’abate si volto e domandò: “Perché ridi?”. Rispose: “Sono un vecchio stupidone! Per un attimo ho avuto una strana idea: ho avuto per un attimo il sospetto che tu o uno dei tuoi amici sia il Messia.”
L’abate non rispose, tornò al monastero e gli altri gli domandarono: “Cosa ti ha detto il vecchio rabbino?”. Rispose: “Non mi ha detto nulla, solo mentre me ne stavo andando mi ha detto una cosa così strana: che magari uno di noi poteva essere il Messia.”. Ognuno si ritirò nella sua piccola stanza. Ogni monaco, agitandosi nel lettuccio ripeteva: “Io non sono il Messia!” e poi “Chissà che uno dei miei amici, però, non lo sia?”. Quando l’indomani mattina si incontrarono, ciascuno salutò gli altri con grande rispetto, pensando “Chissà mai che sia il Messia!”

Quel giorno un gruppetto di giovani passò di lì e si fermò per riposare perché dovevano raggiungere un monastero più lontano. Furono impressionati dall’atmosfera di grande rispetto e amore che c’era in questo monastero, e accadde che uno di questi giovani decise di fermarsi. Gli altri che raggiunsero l’altro monastero lo raccontarono a loro amici e molti andarono a visitare questo monastero e nel giro di poco tempo il monastero si riempì perché trovarono i monaci pieni di rispetto e di amore.»

Se a Nevè Shalom saremo capaci di guardarci l’un l’altro come se fosse il Messia, anche il nostro villaggio crescerà.


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