FAO: fermiamoci a pensare

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Possiamo ancora cambiare il nostro mondo, attraversato da una crisi di valori senza precedenti e da profonde ingiustizie, ma c’è bisogno di persone sante, oneste, capaci.

di Ernesto Olivero
Non mi meraviglio che secondo il recente rapporto FAO la fame nel mondo aumenta. Non mi meraviglio che dopo l’indulto ex detenuti sono tornati in carcere lasciando sul terreno una scia di sangue e di rapine. Non mi meraviglio che lentamente ma inesorabilmente i giovani si allontanano da Dio. Chi semina vento raccoglie tempesta. Mi vengono in mente i commenti un po’ scherzosi di un mio amico che lavora in politica. Mi raccontava che nei partiti a far carriera spesso sono i meno competenti. Quando lasciano l’incarico vengono sostituiti con altre persone dello stesso tenore, per evitare brutte figure a quelli che rimangono. Quando per sbaglio ne arriva uno buono, fuori dal sacco, allora scatta il rinnovamento, partono le riforme.

Perché nei posti di responsabilità della Chiesa non mettiamo le persone più buone, più sante, più capaci? E quante ce ne sono! In politica, quando avremo la possibilità di scegliere i migliori? Non come adesso, che ci viene regolarmente presentato un pacchetto già confezionato in cui gli incarichi sono stati preventivamente assegnati a nomi ben definiti. Stando così le cose, ci potrà essere un cambiamento reale nel sistema solo quando la superbia e la sporcizia saranno saliti così in alto che almeno per interesse, se non per convinzione, si troveranno vie d’uscita.

Oggi intere città sono in mano alla malavita. Centinaia di migliaia di giovani muoiono per niente, buttano via la vita nelle droghe, nell’alcool, nel bullismo e nell’edonismo. Moltissimi bambini continuano ad essere vittima dei loro educatori o delle loro famiglie, continuano ad essere usati come schiavi per il sesso, per la guerra, per il mercato degli organi e per il mercato del lavoro. Ma tutto questo scempio non basta a farci commuovere, non basta a farci venire la voglia di cambiare rotta. Siamo preda di un’indifferenza letale che via via crea assuefazione.

Fermiamoci a pensare prima che il male ci sotterri sotto la fame, sotto la guerra, sotto le ingiustizie, sotto la delinquenza. Siamo sull’orlo di un precipizio: possiamo fare un passo in avanti e caderci dentro o fare un passo indietro e trovare una via d’uscita. Oggi solo andando indietro si può andare veramente avanti.

È mancato da poco dom Luciano Mendes de Almeida, vescovo brasiliano, esponente di punta della Chiesa, un gigante di intelligenza e di bontà che ha lasciato una traccia profonda nella società, per il servizio ai poveri e per l’impegno nel cercare soluzioni ed azioni di lungo respiro ai problemi più urgenti e devastanti - come quello dei bambini di strada. Avrebbe dovuto essere ricordato e studiato negli ambienti culturali così come nelle chiese, nelle moschee, nelle sinagoghe, ovunque, perché è venuto meno un patrimonio dell’umanità che merita non solo gratitudine ma soprattutto considerazione per l’esempio e la testimonianza. Non è ancora accaduto, chi ne ha parlato nei molti convegni anche importanti di questo periodo?

Continuo a pensare che c’è bisogno di santità, che poi è la normalità: non rubare, mantenere la parola, gestire una banca senza approfittarne, essere sindaco e non favorire gli amici o i parenti…
Conosco mille e mille persone che lavorano nella Chiesa, nella scuola, nel commercio, nelle fabbriche, in politica, nell’arte, che continuano a fare tutto quello che possono per rendere migliore la società e l’ambiente in cui vivono. Ma noi siamo disposti a cambiare? Chi ci può aiutare? Ci sono ancora sacerdoti puliti e santi, banchieri onesti, politici capaci, intellettuali non faziosi?
Ci sono, è possibile.

Ernesto Olivero

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