FIORETTA MAZZEI: La nuova solidarietà

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Arsenale della Pace, 1992. Fioretta Mazzei tiene una relazione nell’ambito del corso di formazione al volontariato organizzato dal Sermig. Ne pubblichiamo un estratto.

di Fioretta Mazzei


fioretta_ernesto2.jpg Arsenale della Pace, 1992. Fioretta Mazzei, della Fondazione «Giorgio La Pira», tiene una relazione nell’ambito del corso di formazione al volontariato organizzato dal Sermig. Tema dell’incontro, il fenomeno migratorio. La domanda che tutti si pongono è se ci sarà un incontro nella reciprocità, nel rispetto di ogni uomo, nell'interdipendenza, oppure un clima di intolleranza. Si sente il bisogno di una solidarietà in grado di dare spazio a interscambi di civiltà e capace di far affiorare ed esprimere tutta la ricchezza di ogni uomo.
Pubblichiamo un estratto della relazione di Fioretta Mazzei.

La storia è ricchissima di episodi anche straordinari legati al tema stupendo della solidarietà. Tra noi, tra la gente, c’è una storia di grandi amicizie, di grandi vicinanze, di solidarietà, che è per lo meno nostalgia nel profondo dei nostri cuori.

SOLIDARIETÀ È CAMMINARE CON
Vi racconto un ricordo mio personale. Studentessa universitaria, ero andata con la F.U.C.I. ad un convegno a Palermo. Era la mia prima esperienza politica e sociale. Con i miei compagni universitari si era decisa una battaglia sulle zolfare e sui bambini che lavoravano nelle miniere. Ci fu una sbandierata tremenda, si chiamò il Cardinale, si fece una confusione terribile, tipica degli studenti universitari. Al ritorno i miei compagni decisero di fermarsi a Napoli. Io ero stanca morta così dissi ai miei amici: «Scendiamo pure a Napoli, voi visitate la città e poi ritornate a prendermi, io mi fermo a San Gennaro». Vi entrai. Era la festa di San Gennaro; c’erano delle vecchiette che vociavano perché succedesse il famoso miracolo. Io sono stata un po’ in chiesa, poi sono uscita e, sulla gradinata, mi sono seduta affranta ad aspettare. Tutt’ad un tratto una donnona si è seduta accanto a me. L’ho guardata e lei mi ha fatto un gran sorriso, dicendomi: «Così, per compagnia». Nella mia vita è stata una delle cose che mi ha segnato di più. Quella donna, che ha avuto la dolcezza di sedersi accanto a me per compagnia, mi ha dato un’immagine della solidarietà. Noi camminiamo tutti con le nostre storie, con le nostre fatiche; se camminiamo con compagnia è un segno del Signore, è ricostruire il ritrovarsi tra gli uomini.

Viviamo un tempo in cui i popoli camminano e arrivano anche da noi, un tempo in cui ci sono scambi, incontri continui, ma anche di gente che non sa dove trovare una compagnia. Il camminare accanto a loro, lo scoprire volti nuovi diversi ma uguali a noi, storie diverse ma come le nostre, ansie più o meno sentite ma sempre umane: questa è l’importanza e la positività del nostro tempo.

Anche La Pira sarebbe d’accordo, come preambolo alla costruzione di un domani possibile di convivenza e di compartecipazione, sul fatto che dobbiamo prima di tutto imparare a conoscerci con quelli che incontriamo, che vengono alle nostre porte o che vengono ad incontri quotidiani o di massa. Imparare a conoscersi e a stimarsi; imparare quella piccolissima e immensa cosa che ci ha detto Gesù: siamo tutti figli di un unico Padre, con un’unica parentela umana. Difficile, è vero: gli incontri non sono una cosa poetica, pongono anche dei problemi, esigono una solidarietà concreta. Però è possibile. Richiamando l’episodio del buon samaritano, La Pira ripeteva sempre una frase che gli piaceva: «Scese da cavallo». Bisogna scendere da cavallo e mettersi sul piano di questi tanti che oggi, per ragioni varie, si incontrano o si rivolgono a noi.

SOLIDARIETÀ È INCONTRARE E CONOSCERE
Questo valore immenso della solidarietà, in questo tempo di forte immigrazione e di grandi scambi, è, tra l’altro, una grande scuola di scambio, perché noi abbiamo ancora da imparare immensamente. La vita serve per imparare, serve alla pazienza di Dio, che ci fa maturare anche attraverso gli incontri, e serve per imparare anche uno scambio di culture, di usi dove c’è tantissimo di positivo da incontrare e da conoscere. Però non si chiude qui la questione, perché la solidarietà implica un coinvolgimento più profondo e più fatica. La ricerca e il desiderio di una terra unica fa parte di noi, ce l’abbiamo nel cuore. E allora, che cosa fare su questa terra unica perché i diritti degli uomini siano uguali, il rispetto degli uomini sia uguale, la fame degli uomini sia la stessa? Che risposta politica diamo al mondo di domani? Che proposta, che tipo di società offriamo a questi che arrivano a noi, quale futuro?

Questi sono grandi interrogativi. Io credo che il tempo che viene richiede di nuovo un esame e una proposta di valori anche globali, organizzativi, dei popoli. Non riesco a concepire la solidarietà come un fatto solo personale, di generosità, che pure è un grande valore; la penso anche, più faticosamente a dire il vero, come una riproposta di un modo di vivere, di diritti e di doveri da vivere insieme secondo un certo ordine e certi valori. Io credo che dobbiamo di nuovo proporre ai giovani questa coralità di popoli, che ritrovano la propria identità più profonda e anche la propria storia; la propria storia, i propri valori religiosi, culturali, umani da scambiarsi. La storia degli uomini di domani deve diventare una storia di elevazione: stiamo insieme per elevarci, per trovare i valori più veri. Se no, il rischio è grosso.
La televisione, dalla mattina alla sera, ci riempie il capo di denaro, del valore del denaro che va su e giù. Ma non può essere legata solo a questo la storia dell’umanità, il suo destino di oggi… Noi siamo portatori, ognuno di noi, come popoli, di una grande eredità e di una grande storia; ed è il ritrovare questi valori, che fa sì che l’unità del mondo possa venire nella pace e nel rispetto reciproco.

SOLIDARIETÀ È RISCOPRIRE LA PROPRIA VOCAZIONE
Tutti dovremmo ritornare alle radici più profonde della nostra storia, alle radici religiose, spirituali, dei nostri popoli, se vogliamo convivere ed accoglierci nella pace, costruendo la pace.
Quando La Pira diventò sindaco di Firenze, disse: «Questo popolo di Firenze, di cui sono responsabile – La Pira sentiva fortemente la sua responsabilità di fronte al popolo –, ha bisogno di avere degli ideali, se no che fa?». Anche noi adesso, qui, per essere popolo, abbiamo bisogno di avere degli ideali. E diceva: «Firenze potrebbe avere la vocazione di invitare gli altri alla pace». È una vocazione mediterranea, questa.

fioretta_ernesto1.jpg Negli ultimi anni abbiamo parlato molto di Europa e delle sue speranze; forse ci siamo un po’ dimenticati, per lo meno noi italiani, che siamo Europa e siamo anche Mediterraneo, cioè abbiamo una posizione geografica particolare, di vicinanza anche agli altri continenti: è indiscutibile geograficamente. Allora la nostra vocazione è sì europea, ma anche mediterranea. Non pensiamo solo al Mediterraneo di oggigiorno che, per ragioni varie, è come le onde, talvolta arricciate. Pensiamo alle grandi civiltà sulle sponde del Mediterraneo che ci hanno dato moltissimo: Roma che è casa nostra, la Grecia, Cartagine – sant’Agostino era di Cartagine -, le sponde della Palestina, la convivenza dei popoli della Palestina.

Dobbiamo avere fiducia nel ritrovamento dei grandi valori delle civiltà del passato, nella ricostruzione di quelle civiltà per incontri che arriveranno ad essere pacifici attraverso il nostro sforzo e la riscoperta. Come a dire: togliamo la sabbia che il mare può avere gettato su questi valori più profondi, che possono essere riscoperti e che possono darci motivo di incontri di altissima qualità. È possibile: perché è vero che ci siamo combattuti, ma abbiamo anche convissuto con grandi ricchezze e le stesse nostre culture, in questo Mediterraneo, sono ricche della partecipazione di tutti i Paesi con storie diverse. Questo mi sembra importante se vogliamo lavorare alla costruzione del mondo; e spero che alla fine il cammino sarà meno lungo e difficile di quel che ci può sembrare oggi. Per cui questi primi approcci, che talvolta non sono vissuti in modo festoso ma solo sopportati, possono, con un impegno reciproco, cambiare di tono e arricchire noi e i Paesi che ricevono questa prima stretta di mano occasionale nei giorni nostri e nelle nostre case.

Si può vedere il futuro o nerissimo o bellissimo; e io credo che il Signore ci chieda di vederlo bello, di vederlo con speranza.

Fioretta Mazzei

Vedi anche:
FIORETTA MAZZEI: una donna per la pace

Mossi dallo Spirito: Giorgio La Pira

 

 

 

 

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok