Fra’ Costantino architetto del bello

Pubblicato il 27-07-2012

di Redazione Sermig

 

di Ernesto Olivero - Vero uomo di Dio e grande artista, fra’ Costantino era nato ad Adro, in provincia di Brescia, nel 1925 e dal 1958 viveva e lavorava a Pavia, nel convento di Canepanova.
Terminati gli studi classici e teologici, nel 1951 viene consacrato sacerdote nel duomo di Milano.
Nello stesso anno espone le sue opere di pittura, con la presentazione di Mario Sironi. A Bologna entra a far parte del gruppo animato dal Card. Lercaro per lo studio e l’informazione sull’architettura sacra.
Presso l’Accademia di Brera riceve il diploma di scultura alla scuola di Luciano Minguzzi.
A partire dal 1970 comincia la costruzione di alcune cappelle, di cui realizza l’arredo sacro. Con la collaborazione dell’architetto Luigi Leoni progetta e costruisce numerose chiese, in Italia e all’estero, come il nuovo Santuario del Divino Amore a Roma e la chiesa di San Francesco Saverio a Yamaguchi in Giappone.
Per premiare, nell’ambito delle chiese cristiane, lo spazio mistico più autentico realizzato nel mondo, istituisce nel 1995 la Fondazione “Frate Sole”.
Particolarissimi sono i suoi quadri e le sue splendide vetrate, alcune delle quali ornano anche i nostri Arsenali. Sono i testimoni silenziosi del dono della sua amicizia per la nostra fraternità.

Ho incontrato fra’ Costantino quando con i miei amici iniziavo l’avventura della ristrutturazione dell’antico Arsenale Militare di Torino. L’avevo chiamato perché progettasse la piccola cappella dell’Arsenale della Pace. Non ero un esperto d’arte, ma a Genova avevo visto una chiesa ristrutturata da lui che mi aveva affascinato. Un comune amico, fra’ Nazareno Fabbretti, me lo fece incontrare. Lo sentii al telefono e mi disse che aveva molto lavoro e non aveva tempo. Osai insistere e forse riuscii ad incuriosirlo, così di lì a poco venne a conoscerci a Torino.

Varcò il portone di ferro dell’Arsenale della Pace. Si tolse il berretto di lana, quasi in segno di rispetto, entrò in una trascendenza che certamente non aveva previsto di trovare: con stupore capimmo che l’Arsenale l’aveva toccato. Fin da quel primo incontro mi colpirono i tratti fermi e severi del suo volto e insieme il suo sguardo sempre in movimento, uno sguardo che scrutava continuamente le cose per ricercare ovunque tracce della bellezza. Ne cercava i segni, li immagazzinava nella sua mente, ben ordinati. Ne gioiva intimamente e il silenzio e lo stupore che lo accompagnavano sempre diventavano un fremito che non poteva trattenere. Le sue creazioni prendevano forma come una vita lungamente attesa che veniva alla luce. Ho imparato a conoscerlo: non era difficile, dal momento che sotto l’apparente durezza vibrava un cuore tenero di bambino. Ho capito così che in lui la contemplazione solitaria si traduceva sempre in bisogno di comunione. Ho assistito spesso alla comunicazione della gioia per qualcosa di semplicemente bello da condividere con chi gli era vicino: un albero in autunno, un passerotto tra le rose, un ramo d’edera avvinghiato ai vetri rotti dell’Arsenale, un pane sul tavolo… ed era sempre un evento magico, un abbraccio stretto che dava calore, energia, vita.
Poi ritornava al suo silenzio e le emozioni si traducevano in forme luminose, armoniose, semplici e piene di poesia, che invitavano all’incontro, all’essere amici, al volersi bene.
Le sue vetrate, le sue cattedrali, le sue tele, gli spazi mistici hanno iniziato a parlare anche a me e mi hanno restituito incredibili emozioni.

Ho imparato da lui che la bellezza è un linguaggio universale ed è anzitutto armonia. Più la si comunica e più si aiutano le persone più disparate ad entrare in armonia con se stesse, con gli altri, con il creato, con Dio; l’arte non è più solo un fatto estetico, ma un’autentica azione formativa.
Sarò sempre grato a fra’ Costantino di avermi insegnato che bellezza non equivale a ricchezza ma ad armonia e che il bello è per tutti, soprattutto per quelli che dalla vita hanno avuto di meno, anzi principalmente per questi. Ne abbiamo sempre tenuto conto nella ristrutturazione dell’Arsenale fino a farne la nostra filosofia di accoglienza: “Le nostre case, in ogni parte del mondo dove il Signore vorrà inviarci, saranno luoghi ristrutturati con il lavoro di tanti, accoglienti ma sobri, curati ed abbelliti da opere d’arte, per offrire a tutti, anche ai più miseri, la possibilità di venire a contatto con ciò che è bello” (dalla Regola della nostra Fraternità).

Credo che, finché avremo vita, ogni casa che apriremo in giro per il mondo avrà il tocco di fra’ Costantino, attraverso qualcosa di suo che ci ha lasciato, siano quadri o vetrate, sia l’amore che ci ha trasmesso per le forme essenziali, gli spazi silenziosi a servizio dell’uomo, le linee semplici, i colori caldi e vivi che aiutano la persona a riscoprire la bellezza che porta in sé e a ritrovare la sua provenienza da Dio.

 

Fra’ Costantino è stato ed è essenzialmente uomo di Dio e fratello degli uomini: la sua arte è stata ed è il dialogo di amore con questo Dio e con questo uomo.
Ogni tratto di matita o di pennello è stato ed è un invito alla fraternità dell’amore. Non c’è autentica bellezza, non c’è armonia che non provenga da un atto d’amore e non comunichi amore.

Le opere di fra’ Costantino, che siano una chiesa od una casa, una tela o una vetrata, sono luoghi di incontro tra amici, luoghi di fraternità e di amore, luoghi semplicemente francescani, nuovi versi del “Cantico di frate Sole” per aiutarci a contemplare l’infinita Bellezza che è Dio.

Grazie, Padre.
Ti voglio, ti vogliamo bene.

Fra’ Costantino  1925 - 2007

 

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