GIORNATA DELLA MEMORIA 2006 / 2

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Stalag XA, Storia di una recluta.
È il titolo del libro di Pensiero Acutis - ex internato militare nei lager nazisti - presentato oggi presso l’Arsenale della Pace in occasione della Giornata della Memoria 2006. L’iniziativa, organizzata in collaborazione da Fnp Cisl Piemontese e Fondazione Vera Nocentini, si è svolta alla presenza di un folto pubblico incurante della neve. L’autore a distanza di oltre 50 anni decide di ripercorrere la propria odissea, tra lo stupore di amici e colleghi di lavoro e di pensiero che non gli avevano mai sentito fare parola di questo periodo di vita. A presentare il libro, in quel luogo della memoria che è l’ex Arsenale militare di Torino, Ernesto Olivero, fondatore del Sermig e uomo di pace, Mario Scotti, segretario generale Usr Cisl Piemonte, Antonio Cassarà, presidente dell’Associazione Post Quem e ideatore del “Treno della Memoria”, Marcella Filippa, direttrice della Fondazione Vera Nocentini. Di Marcella Filippa pubblichiamo integralmente l’intervento.

di Marcella Filippa

Questo libro di Pensiero Acutis mi è stato da lui offerto alcuni anni fa in una versione manoscritta. Mi ripromisi di pubblicarlo, perché credo che raramente sia stato descritto l’inferno dei lager nazisti con parole così misurate, così gentili. Pensiero ha raccontato quel mondo di orrore, di fame, di freddo, di pidocchi come pochi sanno raccontare, utilizzando non le parole che io chiamo urlate, violente, piene di odio ma con parole in cui paradossalmente ci trasmette una quotidianità in cui trovano spazio l’amore per la vita e per quello che essa sa offrire, insieme a gesti di solidarietà che rompono lo stereotipo dei buoni e cattivi divisi rigidamente. I buoni, nel messaggio straordinario di Pensiero, non stanno tutti da una parte e i cattivi tutti dall’altra, il mondo è grande ed è attraversato da tanta ambivalenza, anche quelli sempre descritti con lo stereotipo dei cattivi sanno in alcuni momenti relazionarsi con l’altro, con il nemico.

La direttrice del Museo di Dachau (vedi sotto, foto della famigerata insegna all'ingresso del lager: "il lavoro fa liberi") Gabriele Hammermann, nel suo ponderoso volume sugli internati militari italiani (che nel 2005 ha vinto il premio “Acqui Storia”- cfr. box a lato) afferma che gli internati militari italiani sono stati più di altri oggetto di razzismo, con normative apposite. Ad esempio, era fatto loro divieto di avere relazioni con le donne tedesche; nella graduatoria, insieme ai soldati sovietici, erano considerati gli ultimi e venivano loro applicati stereotipi negativi tradizionalmente attribuiti agli italiani immigrati all’estero, come “maccaroni” (mangiatori di pasta, convalenza spregiativa), o “Badoglio” che nel linguaggio dei tedeschi significava “traditori”.

Nessuna delle norme della Convenzione di Ginevra (relativa al trattamento dei prigionieri di guerra – n.d.r.) venne rispettata nei luoghi dell’internamento.
635.132 soldati italiani sono stati registrati nei campi di transito nazisti e di questi solo 400.000 rientrarono in Italia dopo l’ottobre del 1945. Non sappiamo ancora esattamente quanti ne morirono nei lager, ma la percentuale fu molto alta in rapporto al numero degli internati. Sappiamo anche che una percentuale bassissima (circa il 2-3 %, soprattutto sottoufficiali o ufficiali) uscì dalle fila è accettò di aderire alla Repubblica sociale di Salò o di collaborare con il nazismo, e la maggior parte di loro dopo forti conflitti interiori. Un altro elemento che rende l’idea dell’umanità di Pensiero, il quale racconta di giovani intorno ai vent’anni che vivono la forte ambiguità di dover scegliere tra la “libertà” e il rimanere invece insieme agli altri accettando la prigionia. Quasi nessuno scelse quel tipo di libertà. Questa è una forma di “resistenza”: noi abbiamo in mente un concetto di resistenza molto stereotipato, la resistenza con le armi, la resistenza dei combattenti, dei partigiani; certamente fu un elemento importante nel processo di costruzione della nostra Italia democratica e repubblicana, ma altrettanto importante fu la scelta di quei giovani che dissero un “no” sfidando la prigionia, il lavoro coatto (lavoravano dodici ore al giorno), il freddo, la fame, la sistematica violazione di ogni diritto…

StalagXA, Storia di una recluta. di Pensiero Acutis, Rubbettino Editore 2005

Gli internati italiani in Germania, di Gabriele Hammermann, Il Mulino 2004
Gabriele Hammermann ha studiato a fondo e come pochi altri conosce la storia degli oltre 600 mila militari italiani che dopo l’8 settembre 1943 furono catturati, deportati, internati e costretti con la forza a lavorare per l’industria del Terzo Reich. Vicedirettrice al Memoriale di Dachau ed è autrice di apprezzati saggi sul lavoro forzato, sulle SS, sul campo di concentramento di Dachau, così come sui campi “speciali” sovietici nella Germania dell’est tra il 1945 e il 1950.
Ssi tratta di un lavoro storico serio e scrupoloso, che per la ricchezza della documentazione e la profondità dell’analisi non ha paragoni e che rimarrà certamente un testo di riferimento imprescindibile, per quanti vorranno avvicinarsi a questa pagina tragica, ma spesso trascurata, della guerra italiana.

Dobbiamo ringraziare l’editore Rubbettino, che ha scelto di pubblicare il libro di Pensiero. La memoria di questa schiera dei 635.000 internati militari italiani infatti è stata a lungo rimossa nel nostro Paese. Solo da circa dieci anni qualche storico italiano ha intrapreso un percorso di rilettura. Abbiamo rimosso per tanti anni, anche dai libri di storia, gli episodi più inquietanti, che parlavano di campi di internamento per ebrei in Calabria, della risiera di San Sabba, vicino a Trieste, che aveva una camera a gas. Ed è singolare che il premio “Acqui Storia 2005” sia stato vinto non da uno storico italiano ma da una storica tedesca (la Hammermann appunto) che scrive sui militari internati italiani. Ebbene, Pensiero scrive, parla del suo bisogno di lasciare traccia, memoria di questa storia, dà nome alle cose in una sorta di Kaddìsh, la preghiera ebraica nella quale si nominano uno dopo l’altro tutti coloro che non hanno fatto più ritorno.

 Pensiero attraverso una descrizione straordinaria, quasi di artista, con brevi pennellate riesce a nominare gli uomini che vede, anche all’esterno. In un passaggio molto bello narra di sè giovane che vede una giovane tedesca che nuota nel fiume; ci sono toni quasi elegiaci per descrivere la natura, gli altri, i passaggi ciclici del tempo, così come i valori della solidarietà che passa attraverso un pezzetto di pane tenuto in tasca e dato a chi ne aveva più bisogno…
A questo proposito voglio segnalare un’altra storia a lungo dimenticata, quella di Alessandro Natta: dirigente comunista, scrisse memorie analoghe, rifiutate dalla casa editrice del suo partito e pubblicate più tardi da Einaudi (L' altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania. Einaudi 1997 – n.d.r.) Natta, internato nel lager di Sandbostel (vedi foto sotto) dove fu per un breve periodo anche Pensiero, racconta un evento straordinario: uomini, donne, bambini, anziani che avevano partecipato alla eroica insurrezione di Varsavia, soffocata nel sangue, vennero internati insieme ai militari italiani e per settimane e settimane questi giovani scelsero di spezzare il proprio pane e di darlo quotidianamente a quegli uomini, anziani e bambini. Credo che questi gesti abbiano un valore potentissimo.
Pensiero ricorda anche il valore della musica, che salva così come la spiritualità, la religiosità. Nel suo zaino Pensiero porta con sè il Vangelo - che la sorella Vera gli ha regalato prima della partenza - come fa un’altra straordinaria figura che io amo ricordare, Etty Hillesum (che morirà ad Auschwitz a 27 anni), che conserva nel suo zaino l’Antico Testamento leggendolo nei momenti in cui ha bisogno di riprendere forza.

Quali sono le virtù che questo testo ci trasmette? Le virtù quotidiane dell’indignazione, della semplicità, della compassione, della dignità, dell’altruismo e dell’attività dello spirito per restare “umani” nei lager di sterminio nazisti. La semplicità e la chiarezza di cui parla Dietrich Bonhoeffer, la compassione (che conosciamo anche attraverso la tradizione buddista), una delle virtù fondanti degli esseri umani. Un mistico tedesco, Meister Eckhart (1260 - 1328), scrisse che “gli uomini - e le donne, aggiungo io - non devono pensare tanto a quello che devono fare ma piuttosto a quello che devono essere. Non pensare di fondare la tua santità su un fare ma fondalo sull’essere”. La testimonianza di Pensiero ci introduce proprio a questo straordinario concetto: l’importanza degli uomini e delle donne non sta tanto in quanto facciamo nelle opere e nelle azioni pubbliche, ma in quanto noi siamo.
Un grande valore che Pensiero trasmette con la sua umiltà, con il riconoscere che la propria vita merita di essere vissuta ogni giorno, anche in silenzio. Io credo che dobbiamo tutti ringraziare Pensiero per il fatto di esserci e per quello che ci ha trasmesso.

Marcella Filippa
deregistrazione non rivista dall’autrice
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