I più deboli

Pubblicato il 29-01-2010

di Redazione Sermig

Una delle note più tristi del conflitto in corso nella R.D. Congo è la ricaduta su donne e bambini, vittime di violenze sistematiche.

di Marie-Jeanne Sifa

A denunciare la situazione di violenza è il “Groupe Espoire Bukavu”, un gruppo di studenti di giurisprudenza dell’Università cattolica di Bukavu che si spendono per i diritti della loro gente.

LE VIOLENZE SESSUALI SULLE DONNE
Nell’Est della Repubblica del Congo le violenze sessuali hanno un impatto devastante sulle ragazze, le donne, le loro famiglie, le loro comunità e il sistema di protezione sociale in termini di vite e di redditi interrotti, poiché ciò accresce la loro vulnerabilità. Tacere di fronte a queste violenze è come esserne complici. Nell’Est del Congo le donne sono violentate, da sole o in massa, in privato o in pubblico, in casa come nella brousse, e spesso davanti ai loro mariti, ai loro figli, ai loro suoceri. Considerate come schiave sessuali, esse passano dei mesi e anche degli anni nude nei campi e poi vengono condotte tra le mani dei comandanti. Questi ultimi non le violentano solamente utilizzando i propri organi sessuali, ma utilizzando diversi oggetti, come pezzi di legno o fucili. Spesso sparano sul sesso delle donne dopo averle violentate. Recentemente abbiamo constatato una violenza e uno sfruttamento sessuale sfrenati e impuniti nei villaggi e nei campi profughi del Nord Kivu, a Kanyabayonga, a Kirumba e a Kaina, dove le donne di tutte le età sono aggredite dentro e fuori dai campi, mentre vanno a prendere la legna, l’acqua, il cibo. Nei campi di Kibati i soldati hanno rapito e cercato di violentare due giovani ragazze: una è riuscita a scappare e nascondersi, l’altra è stata uccisa con un proiettile. Oltre le gravi ripercussioni psicologiche, le violenze sessuali lasciano alle donne che sopravvivono ferite fisiche, soprattutto lesioni dell’apparato genitale e infezioni trasmettibili sessualmente, di solito l’Aids. È il caso di una ragazza di 15 anni del territorio di Walungu nel sud del Kivu, violentata e torturata da quattro soldati e lasciata quasi morta. È stata ricoverata all’ospedale di Walungu e trasferita all’ospedale di Panzi a Bukavu dove è stata curata da una fistola, che la rende incontinente e che la espone all’ostracismo della comunità. Nel giugno del 2008 uno studio ha rivelato che, nel Sud Kivu, su 674 donne violentate che hanno fatto volontariamente il test dell’Aids, 202 sono state dichiarate sieropositive. Molte di queste donne non hanno più una famiglia perché ripudiate dal marito dopo la violenza; inoltre esse necessitano di sostegno e di ascolto affinché tornino ad amare se stesse e ad accettare il proprio corpo. L’assistenza economica che possono ricevere colma solo uno degli aspetti dell’impoverimento causati. Gli autori di questi atti ignobili sono i militari di differenti gruppi armati che operano sul territorio congolese e che usano la violenza come un’arma di guerra, ma anche militari della FARDC (l’esercito regolare congolese - n.d.r.). Per mettere fine a queste barbarie nell’est del Congo bisogna mettere fine alla presenza di gruppi armati, ma anche mettere disciplina all’interno delle forze di sicurezza. La principale arma per combattere la violenza sessuale è la volontà politica delle istituzioni elette nell’RDC. Noi siamo scioccati del fatto che i crimini contro le donne siano ancora così numerosi. Bisogna accrescere gli sforzi affinché oltre a mettere fine a queste violenze si cambi la cultura dell’impunità, costruendo una forza di polizia, prigioni e un sistema giudiziario per fronteggiare questa situazione scandalosa.

COSA FARE PER LE MIGLIAIA DI RAGAZZE E DONNE VITTIMA?
Di recente, l’11 febbraio 2009, è stata lanciata insieme all’Unicef la campagna V-DAY per mettere fine alle violenze sessuali contro le donne nella Repubblica Democratica del Congo. Essa è in tour negli USA per sensibilizzare gli americani. La campagna mondiale Smettetela di violare la nostra risorsa più grande: il potere delle donne e delle ragazze nell’RDC è destinata ad attirare l’attenzione sulle atrocità e i grandi scempi commessi ogni giorno (vedi locandina in alto, http://newsite.vday.org/drcongo). Di fronte all’orrore tutti devono impegnarsi concretamente nella lotta contro le violenze. È urgente che la risoluzione 1325 del consiglio di sicurezza dell’Onu sulle donne, gli accordi di Pechino del 1995 e le linee-guida dell’Unione Europea siano applicate. Ricordiamo che la risoluzione 1325 sulle donne obbliga gli Stati membri a tenere conto dei bisogni specifici delle donne e della dimensione di genere. Noi proponiamo una cooperazione internazionale per l’allocazione di fondi specifici alle organizzazioni che lavorano con le donne vittime delle violenze e con le loro famiglie nell’Est del Congo. La messa in opera di progetti di autonomizzazione, di presa in carico e di reinserimento sociale ed economico di queste donne che passa attraverso la costruzione di centri di accompagnamento deve essere privilegiata.

congoCONTINUA IL RECLUTAMENTO DI BAMBINI
La battaglia per il controllo delle miniere d’oro e delle vie commerciali delle regioni dell’Est del Congo è stato uno dei fattori che ha maggiormente alimentato i conflitti. Gli eserciti stranieri e i gruppi armati locali, che vedono il controllo delle miniere d’oro come il mezzo per ottenere denaro, armi e potere, si sono combattuti ferocemente, prendendo i civili come bersaglio. Nella lotta per l’oro e per il coltan i gruppi armati hanno reclutato bambini. Nel marzo 2006, Thomas Lubanga è stato arrestato e consegnato alla Corte penale internazionale dell’Aja a causa del reclutamento di bambini soldato. Altri tre signori della guerra sono stati incolpati per lo stesso motivo, tra cui Bosco Ntaganda e due capi di milizie alleati ma rivali di Lubanga, che sono attualmente in detenzione: si tratta di Germain Katange, delle Forze di Resistenza Patriottica d’Ituri (FRPI), un gruppo armato ngiti, e di Mathieu Ngunjolo, del Fronte Nazionale Integrazionista (FNI), una milizia lendu. Entrambi hanno utilizzato bambini soldato per attaccare il villaggio di Bogoro nel 2003. Alcuni bambini sono attualmente reclutati e impegnati nei conflitti armati nel Nord e nel Sud Kivu. Dalla fine del mese di agosto 2008 l’accesso umanitario nel nord del Kivu è limitato ed intermittente. Le fughe costanti a cui sono costrette queste popolazioni hanno reso i bambini più vulnerabili a tutta una serie di mali: la separazione dalle loro famiglie, l’arruolamento forzato nei gruppi armati, la violenza e lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, il maltrattamento e l’interruzione degli studi. Da settembre 2008 il rapporto dell’Unicef parlava di circa 200 bambini rapiti nel distretto di Dungu dai ribelli ugandesi dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lord’s Resistance Army - LRA). Molti passano da una situazione di reclutamento ad una di possibile reintegrazione nella società ad una nuova fase di reclutamento. Questo è estremamente preoccupante e rende rischiosa la situazione di circa 10.000 bambini, soprattutto nel nord del Kivu. Nel territorio di Rutshuru, l’85% delle scuole che accoglie circa 150.000 allievi chiude a causa dei combattimenti e dell’insicurezza generale. Oggi la maggior parte delle scuole funzionano di nuovo, ma un buon numero di genitori hanno paura di mandarvi i loro figli a causa di morti, sparizioni e dell’arruolamento forzato, che continua come continuano le minacce di conflitti.

Da Nuovo Progetto maggio 2009
Marie-Jeanne Sifa  

 

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