Il coraggio che dobbiamo avere

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Chiediamo una polizia disarmata, ma non una legge impotente. Domenica 11 novembre 2007: in un autogrill di Arezzo un poliziotto spara e uccide un giovane tifoso. Gruppi di ultrà prendono a pretesto questo tragico evento per scatenare tafferugli, vandalismi e assalti ingiustificati.

di Ernesto Olivero


Non so se i giornalisti verranno a chiederci un parere su questi fatti. Potrebbe capitare, ma è difficile, chiederanno ai soliti esperti. Noi un’idea ce l’abbiamo, lanciare un appello per reclamare un esame di coscienza collettivo: dove sei politica, dove sei Chiesa, dove sei economia, dove sono gli intellettuali e i mezzi d’informazione, dove siamo tutti? Siamo forse tutti partecipi di una deriva etica che trova alimento nell’indifferenza, siamo forse impegnati a farci gli affari nostri, pronti a giustificare, a minimizzare, a lasciar correre, incapaci di darci da fare prima che un gesto sbagliato scateni violenze ingiustificate.

C’è una frase che dice: chi trova un amico trova un tesoro. Oggi è di moda un’altra frase: chi trova un nemico trova un tesoro. E su questa parola ci marcia: crea il proprio partito, crea il proprio clan, crea la paura del diverso. Non è possibile che, in seguito alle violenze e all’omicidio commesse da un romeno su di una donna, qualcuno un mattino si alzi e dica: mandiamoli via tutti. Domenica i poliziotti sono stati aggrediti da tutti perché uno di loro ha sbagliato. È lo stesso concetto.

Allora, qual è il coraggio che noi dobbiamo avere? Dobbiamo chiedere una polizia disarmata, ma non una legge impotente. Una delle scene viste in televisione che non dimentico è quella dei coloni israeliani durante lo sgombero forzato dalle loro case: padri, madri, figli picchiavano, insultavano, sputavano in faccia ai poliziotti. Ma non ho visto un solo poliziotto reagire. E non erano armati! Io forse avrei perso la pazienza.
La polizia deve essere disarmata, però la legge deve stabilire pene certe e severe per chiunque tocca un poliziotto. Dobbiamo creare dentro di noi la consapevolezza che è necessario uno stato di diritto, perché la società ci interessa, il nostro mondo ci sta a cuore. Non stiamo vivendo in un’isola felice, dove non servono regole; la legge va applicata, eccome! Dobbiamo immaginare che la polizia non si faccia valere perché ha una pistola o un mitra, ma perché ha la legge che poi i giudici applicano e che tutti noi rispettiamo. Dobbiamo creare una società un po’ migliore perché altrimenti in Italia, in Europa ci sarà la guerra civile. Non dobbiamo cadere in questa trappola, dobbiamo far capire ai nostri amici politici, ai nostri amici della Chiesa, di qualsiasi gruppo, che la pace ci interessa e se la perdiamo saremo tutti, proprio tutti, rovinati e allora quanto tempo ci vorrà per riavere un po’ di libertà, un po’ più di voglia di stare insieme? noguns.jpg

All’Arsenale della Pace siamo convinti che la bontà è disarmante. Questa certezza è alla base della nostra filosofia, è una pagina forte, fortissima della nostra regola. Significa che la bontà - il fare del bene, non il buonismo - disarma le tensioni, le guerre, le ingiustizie. Ma noi, che stiamo per essere circondati da bande che si fanno il loro partito, da bande che si fanno il loro clan, e sono pericolosissime, cosa facciamo? Ci armiamo anche noi? Dobbiamo invece continuare a credere e ad agire sapendo che chi trova un amico trova un tesoro e ci costruisce intorno e lo protegge. Abbiamo detto più volte che vogliamo eliminare la parola nemico dal nostro vocabolario, ma non la persona che pensiamo possa essere il nemico. Vogliamo creare dentro di noi un modo di vivere che è forte, perché non ha bisogno di alzare la voce per farsi sentire.

In un momento di buio ognuno di noi può dire: io credo alla legge, ma dobbiamo farla applicare. E la polizia deve essere disarmata: perché il suo sì, il suo no, il suo “attenzione”, può diventare più efficace di una pistola che poi, come è capitato, ha ucciso una persona che non c’entrava niente. Intanto noi siamo vicini a questo ragazzo che è morto, alla sua famiglia che sta soffrendo. Siamo vicini anche a quel poliziotto che ora è sotto inchiesta per omicidio colposo. Infine non siamo d’accordo che il calcio possa essere il pretesto per scatenare violenza contro le istituzioni. Se il calcio diventa un pretesto bisogna ripensare il calcio.

Ernesto Olivero
12 novembre 2007


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Il coraggio della legalità

 

 

 

 

 

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