Il coraggio della legalità

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Le baraccopoli che si infiltrano nelle periferie di tante nostre città fanno correre a noi, popolo di emigranti, il rischio gravissimo della xenofobia, ci fanno imboccare a volte la scorciatoia inammissibile dell’aggressione in risposta alla violenza subita.

di Ernesto Olivero


Vogliamo accogliere chi arriva nel nostro Paese con serietà e con metodo, promuovendo un progetto concreto di convivenza. La solidarietà vera non ha niente a che fare con il buonismo, non è nemica della sicurezza e della legalità, ma è necessario che le istituzioni svolgano responsabilmente il loro ruolo. La legalità non si impone aumentando polizia, carabinieri, servizi segreti. S’impone con la forza della legge e la legge poi bisogna applicarla. Quante volte ho sentito da eminenti pensatori che la legge è forte con i deboli e debole con i forti. Tanti, immigrati e non - anche noi italiani in giro per il mondo qualche ricordo lo abbiamo – l’hanno capito e si sono attrezzati per essere forti, fortissimi, intoccabili.
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Un paio di esempi rendono l’idea dei risultati che si possono ottenere con una corretta e determinata applicazione delle norme. Chi passa con il rosso, dovrebbe essere fermato dal vigile: “Signor Rossi, favorisca la patente! Caro signor Rossi, la patente le viene tolta per 3 anni e la macchina sequestrata; intanto per essere passato con il rosso deve pagare una sanzione di 500 euro”. Scommettiamo che quando in tutti gli incroci del Paese si farà così, i semafori saranno rispettatissimi?

Se prima del fischio di inizio partita lo speaker avvertisse gli spettatori che le telecamere riprendono tutto quello che avviene tra il pubblico e che è prevista una pena non trattabile di 5 anni per chi compie atti di vandalismo o di violenza, scommettiamo che in poco tempo allo stadio potranno andare anche le mamme con i bambini e addirittura godersi una pacifica invasione di campo a fine partita?

Le idee buone sono anche forti. Possiamo fare un salto di qualità verso uno Stato di diritto che ci garantisca. Oggi c’è paura ad uscire di casa, le strade di alcuni quartieri delle nostre città sono in mano a bande pericolosissime, anche di ragazzini. Gli adulti, sapendo che i minori non sono perseguibili, li mandano a delinquere al posto loro. Fatta la legge scoperto l’inganno. Io dico invece: visto l’inganno, fatta la legge.

Pene severe e certe devono poter essere comminate per i reati di stupro, per gli abusi sessuali, per la pedofilia e per questi crimini l’indulto non deve esistere. Ho conosciuto tante ragazze violentate, ne abbiamo accolte parecchie, e abbiamo ancora negli occhi le loro paure. Lo Stato deve poi saper riempire il carcere di momenti educativi per restituire alla società cittadini responsabili, in accordo con i dettami della Costituzione.

Chiedo uno Stato di diritto forte e giusto con chiunque sbaglia e mi dispiace che queste cose debba dirle uno che sta dando la vita, insieme a tanti amici, per la pace, per la concordia.
Non dimentichiamo però che tra diversi si può convivere, lo abbiamo sperimentato, può essere una ricchezza. L’uomo, la donna, sono importanti, l’uomo e la donna deboli sono importantissimi. La storia ci insegna che i ghetti, luoghi di miseria e violenza, non hanno mai contribuito a costruire una società in pace; è per questo che dobbiamo evitare, per esempio, che i nigeriani stiano solo con i nigeriani, i romeni con i romeni, i cinesi con i cinesi, gli italiani solo con gli italiani. Per quanto mi riguarda, ogni volta che vado in Brasile sono brasiliano tra i brasiliani, ne rispetto la cultura, la storia, i costumi e così negli altri Paesi.

Non vogliamo nuovi schiavi costretti per paura ad accettare lavori infami e abitazioni indegne. Non vogliamo nuove schiave costrette a vendere il proprio corpo per comprare la libertà. Non vogliamo una microcriminalità ormai diffusa, legata anche alla presenza di un’immigrazione irregolare. Non c’è solidarietà vera senza giustizia vera, non c’è giustizia vera senza comprensione.

È un cammino impegnativo che richiede tempi lunghi. Prima di tutto dobbiamo superare la fase della rabbia, della paura, dell’insicurezza, delle continue emergenze. Poi dobbiamo educarci tutti alla responsabilità ed essere disponibili a farci carico di una fetta di problemi, senza aspettare interventi “miracolistici”.
È una strada a disposizione di tutti, dei cittadini come dei nuovi arrivati.

Ernesto Olivero
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