INDIANA JONES: quota 4

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Mancano 21 giorni, 10 ore ed una manciata di minuti al ritorno del mitico personaggio di Lucas&Spielberg. Recensione a due voci.

di D. Bracco ed A. Moroni


DALLE ALPI ALLE PIRAMIDI,
dal Manzanarre al Reno: il ritorno di Indiana Jones
John McEnroe, Paolo Rossi, Michel Platini sono solo alcuni degli idoli sportivi che un teenager poteva avere nei lontani anni Ottanta ma se pensiamo al cinema non c’è partita: un solo eroe trionfava sugli altri, l’archeologo Indiana Jones.
Sembra davvero passata un’eternità e tanti Rambo, Rocky, Terminator sono passati ma lo charme e lo stile delle avventure del personaggio creato da Lucas&Spielberg hanno ancora un fascino quasi immutato.

La serie iniziò nel 1981 con “I predatori dell’arca perduta”
per poi proseguire nel 1984 con “Indiana Jones e il tempio maledetto” e terminare nel 1989 con “Indiana Jones e l’ultima crociata”. La storia di Indiana Jones inizia nel 1973, grazie ad un giovane e neolaureato regista, George Lucas, alla costante ricerca di nuove idee e progetti da sviluppare per il grande schermo.
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La prima ispirazione per il personaggio venne da un poster di un vecchio film, mentre il regista si trovava costretto a letto a causa di un incidente stradale nel quale era rimasto ferito alle gambe. La locandina gli riportò alla mente gli anni ‘30 e i film d'avventura dell'epoca, suggerendogli così la figura di archeologo dal doppio ruolo, quello di preciso ed impeccabile professore universitario, e quello di avventuriero vestito di giacca di pelle e cappellaccio in testa, con la barba incolta e una frusta come arma, sempre pronto a vagare per il mondo alla ricerca di antichi reperti e civiltà perdute.

Ed ora a maggio sarà nelle sale il quarto episodio, “Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo”, sempre con Harrison Ford protagonista, Lucas ideatore e Spielberg alla regia.
Riuscirà ad interessare i teenager di oggi, ormai abituati ad un cinema molto più adrenalinico (basti pensare a “Tomb Raider”) ben diverso da quello di Indiana, classico al punto da sembrare già allora un rifacimento di quello degli anni ‘40/’50?

Ai posteri l’ardua sentenza. A noi il compito di fare il tifo, ancora una volta, per Indy Jones.

Davide Bracco
da Nuovo Progetto maggio 2008

INDIANA JONES
e il regno del teschio di cristallo
 
indy.jpg Indiana Jones, pezzo pregiato della collezione Lucas-Spielberg, non è solo il più accattivante della serie di eroi in celluloide esplosi tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, ma è anche il personaggio del cinema che mi viene più naturale associare a un cambiamento epocale.

La contestazione americana di matrice "pop-liberal-hippie" degli anni '60, che si sarebbe progressivamente inasprita sull'onda delle manifestazioni contrarie alla guerra in Vietnam, era destinata a germinare in Europa dando vita alla predominanza del pensiero marxista nella letteratura, nell'arte, nella musica e, ovviamente, nel cinema. Ma la sconfitta del terrorismo rivoluzionario, patrocinato dalle varie sigle eversive che hanno lasciato una tragica scia di sangue in tutta Europa, cambiava radicalmente lo scenario sociopolitico, preparando la strada agli eventi planetari irreversibili che avrebbero di lì a poco determinato la fine del comunismo di matrice sovietica e il crollo del Muro di Berlino.

Ecco allora il ritorno di tutta una serie di archetipi e valori che la furia iconoclasta del "materialismo dialettico" sembrava avere bandito per sempre dalla nostra cultura: l'individualismo eroico, la ricerca del talismano secondo le più pure tradizioni medievaleggianti, la rielaborazione mitologica in chiave neogotica o fantasy tout-court, l'allegoria esistenziale ambientata in mondi paralleli, il thriller metafisico, il ritorno prepotente del trascendente; l'Occidente si riappropriava delle emozioni che lo avevano caratterizzato da sempre, in barba alla "militanza severa" di Gucciniana memoria!

Nel cinema la conseguenza immediata era costituita dallo sdoganamento di generi fino a tutti gli anni '70 considerati "di serie B", e come tali frequentati con un certo imbarazzo dagli stessi aficionados. In questo filone si inseriscono allegramente le avventure del nostro amico Indy, che sbancò i botteghini di tutto il mondo sotto gli sguardi indispettiti dei Soloni della critica che per due decenni avevano predicato il verbo dei Ferreri, dei Bertolucci, dei Losey, dei Bunuel.

Va detto, a onor del vero, che la prima robusta sassata nello stagno era stata gettata alcuni anni prima dallo stesso George Lucas, con il suo “Guerre Stellari” (1977). Da allora, un fiume in piena all'insegna dell'evasione più sfrenata, ma non solo quello, se è vero che alcuni capolavori assoluti della cinematografia dell'ultimo quarto di secolo appartengono proprio al filone riconducibile alla riscoperta dei valori che abbiamo citato; d'altra parte, il cinema non dovrebbe essere prima di tutto una fabbrica di sogni? indy3.jpg
Alessandro Moroni
da Nuovo Progetto maggio 2008

 

 

 

 

 

 

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