Indios di RORAIMA

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Non sono persone da museo, sono persone che hanno una cultura viva e che ancora oggi conservano ricchezze straordinarie.

a cura di Claudio Picco - foto di Nino Leto


Siamo soliti accomunare sotto il nome di “indios” tutti gli indigeni sudamericani. In realtà sono popoli differenti. I nove popoli, in totale 40.000 persone, che vivono nello Stato brasiliano del Roraima continuano ad essere calpestati nei loro diritti. Nella Raposa-Serra do Sol - una superficie pari al nostro Lazio al confine con Guayana e Venezuela), dal 2005 riconosciuta proprietà dei popoli Makuxi, Ingarikò, Taurepang e Wapixana, 18.000 persone presenti in 148 villaggi – da metà aprile le comunità indigene hanno costituito il movimento “Terra libera: resistere fino all’ultimo Indio”. roraima1.jpg

Lo scopo è quello di riconquistare la loro terra invasa dai cercatori di minerali e dai risicoltori che praticano la monocoltura del riso. Una invasione che non è mai cessata e che usa la violenza per consolidarsi. L’adagio “troppa terra per pochi indios” sembra ancora guidare politici e giudici del Roraima.

Fratel Carlo Zacquini, missionario della Consolata
, dal 1965 in Roraima e attualmente Coordinatore della pastorale per le attività della diocesi di Roraima tra gli indios, afferma che “gli stessi missionari che lavorano in quella regione soffrono continue minacce e sono costretti ad agire nel modo più prudente possibile per non lasciarci anche la pelle. Gli abusi e i crimini di ogni genere perpetrati contro gli indios, i loro difensori e i loro interessi, non sono puniti, e trovano un pulpito straordinario nei mezzi di comunicazione locali, con l'aiuto di quasi tutti i politici di Roraima. Chi non è contro gli interessi indigeni, per lo più sta zitto per non essere preso pure lui di mira. È naturale che in un ambiente come questo ci si senta a disagio, indifesi, sospettosi un po’ di tutto e di tutti”.

roraima2.jpg A fine marzo di quest’anno la polizia è intervenuta per liberare il territorio dagli invasori, ma ha trovato opposizione: distruzione di ponti, atti terroristici, rapimenti. Risultato? Il Supremo Tribunale Federale ha ordinato alla Polizia Federale di sospendere la sua azione!
Il CIR (Consiglio Indigeno di Roraima) chiede a tutti un'ampia e immediata Campagna di pressione sulle autorità brasiliane in difesa dei diritti dei Popoli Indigeni della Raposa-Serra do Sol.

Il diritto alla vita e al territorio dei popoli indigeni comporta anche la difesa della loro cultura. Fratel Carlo sta portando avanti un interessante progetto per salvaguardare la cultura indigena a Boa Vista, capitale del Roraima: la costruzione di un Centro culturale che – ci dice – “dovrebbe aiutare a sfatare un po’ miti e preconcetti che esistono nella popolazione e, purtroppo, anche a volte fra gli stessi indigeni che ormai da un secolo hanno contatto con la città e col modo di pensare dei loro colonizzatori. In un certo senso sono i loro padroni e ancora oggi, magari, danno loro un po’ di lavoro. Ma gli indigeni urbanizzati si rifiutano di capire che il lavoro che ottengono lo pagano ad un prezzo molto alto.

I soldi che ricevono sono i loro stessi soldi, perché ottenuti dai datori di lavoro con la terra e con le ricchezze naturali che per diritto sono degli indigeni. Non riescono a capire che ricevono in pratica un’elemosina. Però la maggior parte degli indigeni lo ha capito da tempo e sta lottando perché queste cose non avvengano più e per riconquistare la terra”.
Fratel Carlo continua spiegando che per i bianchi gli indigeni non avevano diritto alla loro terra perché non la facevano fruttare economicamente. In realtà le popolazioni indigene producono solo per le loro necessità, non essendo una società abituata al commercio e all’accumulazione. “È capitato che sono diventati dipendenti e qualche volta addirittura mendicanti di questi datori di lavoro che si arricchiscono a spese loro, con la loro manodopera e le risorse economiche della loro terra”.

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Oramai anche per un certo numero di indigeni è difficile capire che non devono aver vergogna di quello che sono e di quello che sono stati i loro avi, ma devono avere orgoglio. “Una parte di loro lo sta facendo, ha già fatto questo passo e si ritiene onorato di dire che è indio. Ma non si fermano a dire semplicemente ‘io sono indio’, perché la parola indio è una invenzione nostra che arriva dai tempi di Colombo. Gli indios là non ci sono, ci sono dei popoli: io sono Yanomami, Ingaricô, Wapixana, Ye'kuana, …”.
Fratel Carlo aggiunge poi un concetto significativo che riguarda la cultura di questi popoli; “è stata danneggiata dall’arrivo dei bianchi, ma ha ancora ricchezze molto importanti che noi intendiamo preservare, anche se la loro vita e i loro costumi inevitabilmente cambieranno. Anche noi vogliamo che loro cambino, non vogliamo tenerli isolati sotto una campana di vetro, non vogliamo fare di loro oggetti da museo.

Appartengono a culture vive
, le uniche culture che non cambiano sono quelle morte. Sono culture vive che hanno il diritto di progredire, di fare passi diversi. Non so se cambieranno in meglio, lo si vedrà in futuro, ma ognuno ha il diritto di adattarsi al modo di vivere che corrisponde al tempo attuale, al tempo in cui vive, non al passato. Nel Centro culturale gestito dai missionari della Consolata noi vorremmo far capire a loro e ai bianchi della città – in un posto assai privilegiato che il vescovo ha messo a disposizione per il Centro – quali sono le ricchezze di questi popoli, di queste culture”.
UN CO.RO. DI SOLIDARIETÀ
La Campagna Internazionale in difesa dei diritti dei popoli indigeni della Raposa do Sol, è portata avanti da CO.RO. ONLUS (Comitato Roraima di solidarietà con i Popoli indigeni del Brasile), che affianca il vescovo di Roraima e i Missionari della Consolata con iniziative politiche, informative, di sensibilizzazione e di solidarietà economica.
Chi vuole contribuire si può rivolgere a:

CO. RO. ONLUS
C. De Gasperi 20, 10129 Torino
Tel. 011-595657; 011-3859764;
335-6931882
www.giemmegi.org

a cura di Claudio Picco - foto di Nino Leto
da Nuovo Progetto giugno-luglio 2008

 

 

 

 

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