L’eterno presente

Pubblicato il 04-07-2016

di Matteo Spicuglia

di Matteo Spicuglia - Della vecchia fabbrica, oggi, non è rimasto quasi niente. Si lavora agli ultimi dettagli, al nuovo parco che cercherà di scrivere la pagina nuova di una storia di morte. Perché l'Eternit di Casale Monferrato non era solo una fabbrica: è entrata nelle viscere di un popolo, di migliaia di famiglie che negli anni hanno visto morire fratelli, figli, mariti e mogli, parenti e amici. Colpa dell’amianto che qui ha dato il pane per quasi un secolo, un pane guasto. Il mesotelioma è la malattia di chi quelle fibre le ha respirate, in fabbrica, nelle abitazioni, nei cortili. Una malattia vigliacca che presenta il conto anche 40 anni dopo, portandosi via tutto: le forze, la vita, anche il diritto alla speranza. Perché di mesotelioma non si guarisce: un anno, un anno e mezzo, massimo due. Poi, niente.

A Casale, quel dolore è pane quotidiano, un eterno presente, la notizia che scandisce il tempo. Oltre 3mila vittime ad oggi, 50-70 nuovi casi ogni anno. Addirittura, c’è chi si ammala a 40 anni: sono i bambini di ieri, degli anni ’80, quelli che hanno respirato l’amianto senza nemmeno saperlo. Storie uniche, personali, eppure sempre uguali. Quelle di chi oggi può solo condividere il vuoto di un’assenza. Gabriella si commuove quando racconta gli ultimi mesi della sorella. Aveva 54 anni, una donna forte, tenace, amante della vita. La malattia scoperta per una febbriciattola che non se ne voleva andare. “Non aveva mai lavorato all'Eternit, per lei è stato un colpo durissimo.

In un primo momento ha reagito, ma poi la malattia l’ha minata ad ogni livello, fisico, psicologico. L’abbiamo vista spegnersi poco a poco, tra grandi sofferenze, ed è stata una prova durissima”. La stessa di Carmen e la sua famiglia di fronte alla morte del marito, ex autista all'Eternit. Il mesotelioma si era manifestato dopo decenni, quando lui aveva già 79 anni. Malattia scoperta a novembre, la morte arrivata già a luglio. “È stato un incubo – dice Carmen – non si può spiegare cosa si prova a vedere soffrire una persona che ami. Lui non accettava, continuava a chiedersi perché fosse capitato proprio a noi. Ma in fondo lo sapeva. Qui, tutti lo sappiamo. È una ruota che gira. Fa rabbia pensare che tutto questo sia avvenuto per una logica di profitto. Tanta gente è morta e continuerà a morire”.

L’emergenza purtroppo è tutt'altro che risolta. Secondo alcune stime, il picco della malattia dovrebbe essere raggiunto tra il 2020 e il 2025, con una coda anche dopo. Tradotto: altre morti, altro dolore, altri perché. La tragedia di un pezzo di Piemonte dove l’incidenza del mesotelioma pleurico supera le 100 unità ogni 100mila abitanti: numeri impressionanti, che parlano da soli. Sullo sfondo, la richiesta di giustizia mai esaudita in un iter giudiziario ad ostacoli. Il primo processo a Stephan Schmidheiny, magnate svizzero ed ex patron di Eternit, si è chiuso con un nulla di fatto. Condannato a 16 anni in primo grado e a 18 in appello per disastro ambientale, Schmidheiny è stato prosciolto definitivamente in Cassazione, per avvenuta prescrizione del reato. Adesso, potrebbe rispondere di omicidio volontario in un nuovo processo, ma nulla è scontato.

A Casale, si aspetta, ma soprattutto si spera. Come fa Giovanni, uno degli ultimi malati di mesotelioma. Da quando ha scoperto la malattia, la sua ragione di vita è diventata l’impegno nell’Afeva, l’associazione dei famigliari delle vittime d’amianto. Si mostra forte Giovanni, anche se ha gli occhi lucidi. La sua rabbia è quella di tutti. “Quando ero all’asilo, giocavamo con il polverino d’amianto del cortile, quello che l’azienda regalava a tutti i casalesi. Nessuno ci aveva mai messo in guardia. Ma loro sapevano! Abbiamo diritto ad avere giustizia”.

Cosa significa sperare davanti a una malattia incurabile? “La mia speranza è vivere il più a lungo possibile. So benissimo che la morte sarà un passaggio ineluttabile, ma io vado avanti. Non voglio perdere nemmeno un’ora a piangere sulla mia malattia, non deve avere la meglio. Ho deciso di impegnarmi. Oggi, l’impegno civile è fondamentale: il senso di tutto, nonostante tutto”.





Rubrica di NUOVO PROGETTO



 

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