Mi fa paura

Pubblicato il 05-09-2023

di Matteo Spicuglia

Leonardo sta diventando grande. Ha quasi quattro anni, ma in pochi mesi ha collezionato conquiste eccezionali: dice tutto, è vivacissimo e curioso, ama la musica, lo stupore avvolge ogni suo passo. Come ogni bambino, vuole coinvolgerti nel suo mondo: «Andiamo a giocare? Facciamo questo? Mettiamo la musica? Vediamo il tale cartone?». Tu ci stai, impari a stupirti insieme a lui e a fare tua la semplicità di uno sguardo che vede nuove tutte le cose. Bellissimo, ma niente è scontato. Perché il confine tra realtà e immaginazione per Leonardo e i bimbi come lui non è ancora completamente chiaro. Una linea sottile che amplifica le emozioni, le percezioni interne e anche i pensieri.

Una sera come tante, si ferma all’improvviso, volge lo sguardo verso il corridoio in penombra, si blocca e si volta. Quando fa così bisogna solo ascoltarlo. «Che c’è Leo?». Lui non se lo fa chiedere due volte, scandisce bene le parole, ti guarda un po’ spaventato e poi con il suo candore risponde: «Mi fa paura!». Non serve chiedere cosa: le mani in avanti, lui che ti viene in braccio e ti stringe forte. «Andiamo a vedere cosa ti fa paura!». A piccoli passi nel corridoio, accendendo la luce, aprendo ogni porta. «Vedi, non c’è nulla. È tutto a posto!». Leonardo molla un po’ la presa, muove gli occhi in ogni direzione, è tranquillo, ripete anche lui: «Non c’è niente, non c’è niente!». Pochi secondi e lo spavento è passato: si può tornare a giocare, come se niente fosse successo. Tutto risolto, ma la lezione di Leonardo resta. La sua piccolezza ricorda una grande verità del nostro essere uomini e donne: la paura è umanissima, esiste, ci accompagna dai primi istanti, ma non ha l’ultima parola. A patto che accettiamo di farci prossimi, di farci vicini. Così come siamo, senza artifici, senza trucchi e inganni, con pochissime parole. Perché un bambino quando non sa interpretare la realtà non ha bisogno della lezione di superuomini o delle gesta di eroi. Semplicemente chiede una presenza amica di cui possa fidarsi.

Un adulto non è poi così diverso. La paura del buio di Leonardo è proporzionata al suo sviluppo, alla sua età. Ma in ogni stagione della vita possiamo attraversare momenti che ci danno l’idea di non vedere più niente. Sono le tenebre della sfiducia, della delusione, delle prove, di un dolore improvviso, di una situazione incomprensibile. Per fortuna, abbiamo più strumenti e più razionalità di un bimbo, ma quel buio fa paura uguale e molto spesso da soli non siamo in grado né di attraversarlo, né di ridimensionarlo. La risposta chiaramente non è nel farci prendere in braccio, saremmo quanto meno ridicoli. Ma la metafora regge perché anche da grandi esiste la possibilità di incontrare qualcuno che con semplicità possa accendere una luce, anche piccola, nel nostro non senso. Qualcuno che con la sola presenza possa accompagnarci, guardarci dentro e dire: «Sono con te! Vedi, è tutto a posto!». Quando questo avviene, i mostri del buio scompaiono o possono ridimensionarsi e lo sguardo sulla realtà non è più unilaterale, ma condiviso.
Chi può farlo, chi può aiutare? Tutti, ognuno di noi, l’uno per l’altro, nel momento in cui scopriamo la responsabilità di esserci. Di camminare insieme. Tutto qui.


Matteo Spicuglia
NP giugno / luglio 2023

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