Primavera amara

Pubblicato il 15-09-2011

di Redazione Sermig

Economista di strada, Becchis gira i luoghi frequentati dalla gente, osserva, ascolta e prende appunti sul suo taccuino. Così ha fatto, a nostro vantaggio, nel suo recente viaggio in Polonia del marzo scorso, dentro e fuori negozi e banche. di

Franco Becchis

L’aeroporto di Katowice aveva 16 passeggeri nel 1991, che sono diventati 1 milione nel 2005 (The Economist, 11.5.06). Ci arrivo in un tardo pomeriggio di marzo: a Torino ho lasciato un tempo primaverile, ma qui, nel sud della Polonia, anche le condizioni atmosferiche sembrano, malignamente, richiamare i venti della crisi. Un leggero nevischio e un vento freddo ci accoglie fuori dall’aeroplano.

Lo zloty ha perso circa il 50% del valore in pochi mesi (Time, marzo 2009); all’ufficio del cambio, nel marzo 2009, per 1 € ti danno circa 4,5 zloty. La moneta di un Paese, si sa, è un po’ il biglietto da visita, in cui si concentrano decenni di credibilità o di cattiva gestione, e su cui si riflettono le vicende macroeonomiche: all’ufficio dei cambiavalute si può conoscere qual è la valutazione che il mondo dà di quella moneta. È una pagella amara per i polacchi, in questo momento, ma non solo per loro. In generale, la moneta è anche il terreno dello scontro fra i comportamenti opportunistici: nel tentativo di prendere tutti una fetta più grande, senza far crescere la torta, i commensali finiscono per farla gonfiare, ma la sostanza è sempre quella, quello che si produce, il lavoro, l’uso delle risorse vere.
Sconti in Polonia
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LA CRISI IN VETRINA

Nelle foto di questo articolo c’è tutta la crisi finanziaria di molte famiglie polacche. Sui grandi manifesti affissi per strada o all’esterno delle banche, i tassi di interessi proposti alla clientela per attrarre depositi sono di parecchi punti più alti rispetto ai tassi dell’Europa occidentale.

Il taxista che mi aspetta all’aeroporto si chiama Grzegorz, e con la sua fidanzata ha fatto un mutuo per la casa in franchi svizzeri. La rata, prima della crisi, era 600 zloty, adesso è a 800 z/mese, a causadella svalutazione. Con quello che gli ho dato per la corsa pagherà il surplus di due rate.
Mentre guida verso Opole, 150.000 abitanti e 2 due ore di auto da Katowice, in un paesaggio in cui la scarsità di illuminazione pubblica notturna dà l’idea della distanza rispetto agli standard di vita occidentali, Grzegorz si lamenta degli stipendi relativi: fra la sua fidanzata, che lavora all’Università nell’amministrazione (1.200 zloty al mese), e il prorettore dell’Università c’è un rapporto di 1 a 9, gli sembra troppo, e anche a me… in Italia, ad esempio, quel rapporto è 4 o 5…

Uno spazzino, però, sta anche peggio, con i suoi 1.000 z, con cui, in Italia, da turista vivrebbe sì e no un giorno, per dare un’idea delle proporzioni. Per non parlare del titolare della pensione sociale, che con circa 800 z al mese fatica davvero a pagare le bollette.
1.000 z (meno di 250 €) sono anche lo stipendio di un operaio Indesit appena assunto nella fabbrica di Radomsko, verso il confine con l’Ucraina. La globalizzazione ha dato un duro pugno in faccia agli operai dello stabilimento Indesit di None Torinese: loro perderanno il lavoro, mentre a Radomsko i loro colleghi sperano in un futuro migliore di quello che hanno avuto i loro padri.

Da quanto mi raccolta Matteus, che lavora alla Voivodina (l’equivalente della nostra Regione) come responsabile delle relazioni internazionali, i polacchi si sono indebitati in valuta estera perché credevano che lo zloty avrebbe continuato a rafforzarsi. Il che equivale a una scommessa: se avrò ragione, e lo zloty continuerà a rivalutarsi, dovrò restituire meno denaro di quanto mi è stato prestato. Infatti, se ottengo 100 €, pari a 500 zloty (cambio di 1 a 5) e lo zloty si rafforza andando a 1 a 4, mentre prima dovevo raccogliere 500 € per restituire il capitale adesso ne basteranno 400. Se lo zloty rimarrà stabile non vincerò nulla, ma non perderò neanche.

Le banche, a cui piace “vincere facile”, come recita una famosa pubblicità, e che hanno fatto le furbe proponendo una scommessa fortemente squilibrata, adesso sono rose dai dubbi: sanno che non possono calcare la mano, ma non hanno risorse per dare corda a questi debitori con l’acqua alla gola. Un debitore che fallisce, comunque, è spesso un disastro anche per il creditore. Se il mio vicino mi ha prestato dei soldi, a lui conviene che io continui a stare a galla.

Le banche polacche, quasi tutte di proprietà di banche straniere, hanno proposto prestiti in franchi svizzeri ed euro a un tasso di interesse molto più basso dei prestiti denominati in zloty. Siccome ogni proposta economica rivela una informazione sugli obiettivi e sulle conoscenze di chi la fa, questa differenza di tassi avrebbe dovuto rivelare, a un osservatore attento, una informazione molto precisa su come le banche vedevano il futuro: lo zloty, probabilmente, scenderà. E così è stato. Per questo il taxista è arrabbiato, non ha acceso il tassametro e io ho pagato una cifra esorbitante per fare 100 km: la macroeconomia, a volte, spiega anche la psicologia e i piccoli bidoni di cui siamo vittime.

Nei Paesi dell’est Europa sono milioni i cittadini che hanno fatto come Grzegorz. In Polonia il debito denominato in valute estere detenuto da famiglie è triplicato in tre anni arrivando al 12% del PIL (Time, marzo 2009): è come se un polacco ogni 8 fosse gravato da un debito la cui rata improvvisamente è diventata più gravosa. Ma c’è anche chi ha fatto scelte più oculate: Joanna, una esperta di progetti europei, ha contratto un mutuo per acquistare la seconda casa in zloty, e la sua rata non è salita.

Dal punto di vista dell’economista di strada, per trovare i segni della crisi finanziaria polacca basta andare nel centro storico di una qualunque città. In Krakowska ul., a Opole, nella elegante isola pedonale banche e agenzie di credito si alternano a negozi di vestiti e caffè: dai manifesti affissi all’esterno (vedi foto) sorridono facce improbabili o ammiccano scene famigliari di serenità a fiducia. I tassi di interesse proposti, però, dal 5 al 15% raccontano di una crisi di liquidità e di una autodichiarazione di rischio svalutazione, se non rischio Paese.
E dentro le agenzie di credito le code delle persone sono frequenti: i loro abiti, l’atteggiamento stesso, non hanno nulla a che vedere con le immagini fresche dei manifesti pubblicitari ma parlano, piuttosto, di una necessità improvvisa, imprevista e grave: una rata di un mutuo cresciuta troppo e troppo in fretta per uno stipendio di 1.000-1.500 zloty al mese ( 250-400 €).

Alla Raiffeisen Bank di Oddzis street, ad esempio, mi propongono un interesse del 6,70% per un deposito a 12 mesi, 5 punti in più di quello che otterrei in Italia, o in qualunque altro Paese dell’area euro. Se aderissi, se lo zloty rimanesse stabile nel prossimo anno, e se la Polonia non congelasse il debito estero, allora, nella primavera del 2010 potrei brindare con gli amici dichiarando un rendimento che nessuno di loro, con BOT e CCT potrebbe sognarsi… ma ci sarà mai una primavera del genere per chi investe in Polonia?

Franco Becchis
Nuovo Progetto maggio2009

Dello stesso autore vedi anche:
La crisi finanziaria e l’uomo della strada
Economia in pillole

 

 

 

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