R.D. CONGO: Alla svolta?

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


L’ex generale ribelle, leader del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (Cndp), è stato arrestato ieri da forze militari congiunte del Congo e del Ruanda. In ottobre i miliziani del Cndp guidati da Nkunda avevano lanciato un offensiva nel Nord Kivu, affermando di voler difendere la popolazione civile dagli attacchi dei ribelli hutu e accusando il governo di Kinshasa di non far nulla per contrastarli. In seguito allo scoppio delle ostilità oltre 250mila persone erano fuggite dalle loro case. Le milizie di Nkunda sono responsabili di numerosi crimini contro l’umanità: omicidi, saccheggi, stupri, torture. La ritrovata collaborazione tra i governi dei due Paesi confinanti lascia sperare in un futuro migliore per le popolazioni del Nord Kivu, zona mineraria ricca di materie prime.


di Stefania Traverso


IL PASSATO
Nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) la guerra ha ripreso vigore. Il suo seme si inserisce negli equilibri interafricani e mondiali ed è davvero di difficile risoluzione, perché le immense ricchezze minerarie e naturali della Nazione, di superficie pari a quasi un quarto di Europa, la fanno regina e schiava.
Alla motivazione economica di fondo si affianca il contributo di instabilità del confine orientale, conseguenza delle infiltrazioni di truppe ribelli dal Rwanda dopo il genocidio del 1994, e dall’Uganda. Diversi gruppi armati sono a vario titolo nel Paese da molti anni. Il Congo Belga, ottenuta l’indipendenza nel 1960 con Patrice Lumumba, già nel 1965 subisce il colpo di stato di Mobutu, che mantiene la dittatura sino al 1997. Laurent-Désiré Kabila paga la sua conquista a caro prezzo, perché il nucleo di liberazione congolese è appoggiato da un’alleanza di eserciti stranieri. I vittoriosi cercano la loro ricompensa, presto nascono nuove coalizioni e scaturisce una guerra civile che coinvolge Stati africani e rapporti internazionali.
t-joseph.jpg Nel 2001 Joseph Kabila, (foto a sinistra) attuale Presidente, succede al padre vittima di un attentato. Nel 2002 firma un accordo di pace con il Rwanda e apre la strada diplomatica con l'Uganda. Nel 2006 si svolgono le prime elezioni libere dal 1960. Nel 2007 viene firmato un accordo sotto l'egida dell'ONU per il disarmo di tutte le milizie ancora presenti sul territorio: l’accordo resta sulla carta e porta agli eventi del 2008.
Nella RDC esiste un esercito regolare, e dal 2000 è presente la più grande forza di interposizione ONU al mondo: missione MONUC, 17.000 unità.

Esistono numerosi gruppi armati, tra cui quello del generale Laurent Nkunda, (foto sotto) capo del “Congresso nazionale per la difesa del popolo” (CNDP): figura inquietante e accentratrice con base nel Kivu, si proclama difensore dei congolesi tutsi; ultimamente contesta anche un colossale accordo governativo con la Cina, che si sarebbe impegnata a costruire ferrovie ed autostrade in cambio di concessioni minerarie.

Tra il Kivu e la Provincia Orientale si aggirano inoltre i Mayi-Mayi, un feroce gruppo di guerriglieri in maggioranza di etnia hutu, e il “Lord’s Resistance Army” (LRA), un’armata in guerra contro il governo ugandese, che si sposta attraversa il confine per cercare bambini da trasformare in soldati o schiavi del sesso, insieme ai minerali: il leader Joseph Kony e due dei suoi sono ricercati per crimini contro l’umanità.
Non ultime, si aggiungono le “Forze interhamwe” del “Fronte democratico di liberazione del Rwanda” (FDLR), estremisti hutu vicini all'esercito congolese, fuggiti dopo aver partecipato attivamente al genocidio in Rwanda.

IL PRESENTE

Tra Settembre e Ottobre 2008 il governo RDC è alle prese con una crisi politica: si dimettono l'anziano Primo Ministro Gizenga e i Ministri di Difesa e Interni; vengono denunciati soldati regolari quali autori di saccheggi e stupri.
Cogliendo il vuoto di potere, scatta la nuova offensiva dei ribelli, capeggiata da Laurent Nkunda, che sembra puntare a Goma, capoluogo della regione del Nord-Kivu. Tra tregue e riprese dei combattimenti la popolazione civile deve fuggire, cercando rifugio nella foresta, nei campi profughi, in villaggi lontani. I rapporti ufficiali indicano come 250.000 le persone sfollate, che si sommano alle 800.000 stimate dagli inizi del conflitto.

Sul piano internazionale, nel frattempo
, si cerca come arginare la situazione. La Francia, su proposta del Belgio, propone di inviare un contingente di pace, ma la UE non accetta questa responsabilità; l’ONU decide un rinforzo di 3.000 unità alla MONUC, ma occorreranno mesi prima che siano operative.
nkunda.jpg

A livello diplomatico, dopo un incontro a Goma, si indice una prima conferenza a Nairobi. Al vertice sono presenti il Segretario Generale delle Nazioni Unite, le rappresentanze dell'Unione Africana (UA), i presidenti di Kenya, Uganda, Tanzania, Burundi, Sudafrica, oltre a quelli di RDC e Rwanda, che da anni non si parlano. Ban Ki-Moon afferma che la situazione nel Nord Kivu è gravissima, ma il vertice non produce effetto e gli osservatori continuano a registrare bambini reclutati a forza, esecuzioni sommarie e stupri. La violenza sessuale è usata in maniera sistematica come arma di guerra, la situazione umanitaria è spaventosa.

Nel frattempo sembrano esserci soldati di Angola e Zimbabwe a fianco delle truppe dell'esercito regolare: l'UA, preoccupata che questi Stati possano essere trascinati nel conflitto portandosi dietro tutta la zona dei Grandi Laghi, indice un nuovo summit a Johannesburg, ma mentre è in corso si apre un nuovo fronte di guerra nel Sud Kivu.
Una nota di speranza viene dall’incessante opera di negoziazione di Olusegun Obasanjo, ex presidente nigeriano, emissario speciale dell'ONU, interlocutore accettato da tutte le parti in lotta. L’8 dicembre, come mediatore, apre il secondo vertice di Nairobi e il governo della RDC si incontra per la prima volta con i ribelli del CNDP.
Le trattative continuano, in forma alterna, da allora. Le ultime notizie indicherebbero attualmente in corso una fase sostanziale per gli accordi di pace. Si sono aggiunti al quadro della situazione, tuttavia, altri eventi che suscitano preoccupazione.

A dicembre un rapporto ONU ha accusato il Rwanda di sostenere Nkunda: accuse negate, ma alcuni Paesi europei hanno bloccato gli aiuti economici a sostegno dello Stato africano.
Sempre in dicembre si sono registrate attività in aumento da parte del LRA, nella regione della Provincia Orientale. Un’azione congiunta di Uganda, Sudan e RDC ha distrutto il campo base di Kony, ma incredibili atrocità sono state compiute per vendetta: tre villaggi sono stati attaccati il 25 e 26 dicembre, hanno fatto seguito saccheggi e violenze in tutta la zona che non accennano a fermarsi.
Capire cosa accadrà è difficile, ma anche venire a conoscenza dei fatti lo è, perché questa guerra infinita continua nell'indifferenza e ignoranza di una buona parte di umanità. Mediaticamente parlando, il ripetersi di una notizia produce un’icona di normalità fastidiosamente noiosa. E la non-comunicazione fa buon gioco ai meccanismi di potere che sostengono il conflitto.

NON DIMENTICARE
Mentre viaggio, file di alberi scorrono davanti ai miei occhi, sembrano eserciti di soldati. Stento a credere che altrove questi rami nudi siano resti di villaggi bruciati, questi candidi campi luoghi di polvere e terrore, questa quiete solo l’eco di urla ormai mute… non voglio dimenticare.

Stefania Traverso
Sulla R.D.Congo vedi anche:
R.D.CONGO: è di nuovo guerra
R.D.CONGO: La CDJP compie 17 anni
R.D. Congo: Appello per la pace

 

 

 

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok