R.D. Congo: reportage da Goma
Pubblicato il 31-08-2009
Può un paradiso terrestre trasformarsi in un inferno? È quello che è successo nell’est della R.D. Congo. Solo due giorni fa nuovi massacri su civili inermi nel nord Kivu. Parla un volontario del VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), ong della famiglia salesiana presente a Goma da oltre 20 anni a fianco dei bambini in difficoltà.
di Albino Pellegrino
![]() |
Il vulcano Nyiragongo, con la sua aurea rosso fuoco ben visibile di notte, racconta la storia di Goma e in lontananza minaccia il Centro Don Bosco di Ngangi che si trova proprio alle sue pendici, sotto lo sguardo attento e vigile di padre Mario Perez, missionario salesiano proveniente dal Venezuela, e direttore del centro. Siamo nella Repubblica Democratica del Congo all’estremo nord del lago Kivu sul confine ruandese. Il paesaggio è particolarissimo, verdi bananeti, miliardi di fagioli e i colori vivaci dei vestiti delle donne contrastano col nero di tutto il resto; qui è tutto nero, la terra, la sabbia, le pietre, i muretti, le case, la polvere che ricopre tutto quando appare il sole ed il fango in cui si sprofonda per la pioggia. Tutto è nero perché il suolo generalmente ondulato e roccioso è costituito interamente da lava frutto dell’attiva e movimentata vita del vulcano |
Nel 2002 quella lava, uscita da tre crateri che si aprirono improvvisamente in mezzo ai bananeti e alle case, si è infilata nelle vallette ed ha distrutto parte della città lasciando solo neri fiumi pietrificati. La gente non può comprarsi altra terra e così, tenacemente, ha cominciato a ricostruire nuove casette di pietra, legno e latta su quelle colate nere; la polvere ammassata nelle fessure, la terra portata dalle piogge e la lava che si sgretola, hanno permesso a piccole felci di rinascere in pochi anni e quei piccoli ciuffi verdi dimostrano che la vita riprende comunque. Anni fa, in questa zona, venivano in vacanza i belgi colonizzatori e la gente ricca dei dintorni, gli elefanti scendevano dalla foresta e venivano a bere sulla riva del lago dove, tra centinaia di uccelli, sguazzavano gli ippopotami. Nella foresta gli ultimi esemplari di gorilla di montagna aspettavano i visitatori ed a nord il cono del vulcano Nyiragongo fumava tranquillamente sul paesaggio verdeggiante. Era un vero paradiso terreste; dico era perché non è più così. Gli elefanti, gli ippopotami, addirittura gli uccelli sono spariti, i gorilla sono irraggiungibili ed il paradiso terrestre è diventato un inferno. Ma non a causa del vulcano; non è lui il problema di Goma o di questa zona del Nord Kivu. Qui da oltre 10 anni continua la guerra, creando una situazione insostenibile, vergognosa con gli oltre 5 milioni di morti e i milioni di rifugiati.
A causa del conflitto, la popolazione di Goma è aumentata approssimativamente da |
I fabbri ed i falegnami lavorano lungo la strada, uomini e ragazzi spingono decine di cukudù - simili a enormi monopattini - stracarichi di sacchi di carbone, patate, cavoli, tavole di legno, mobili e tutto l’inimmaginabile arrancando tra i sassi per rifornire i negozi gestiti da libanesi ed indiani mentre molti bambini aspettano, a turno, l’acqua con il bidoncino giallo più o meno grande ma sempre sproporzionato alla loro età; qui l’unica acqua è quella del lago Kivu trasportata con camion cisterna nei serbatoi installati dagli organismi umanitari o quella piovana raccolta dai tetti in bidoni o in serbatoi improvvisati. |
![]() |
I gruppi armati che spadroneggiano in queste zone del nord Kivu sono formati da ribelli hutu (FDLR) e tutsi (CNDP) arrivati qui durante e dopo il massacro del ‘94 in Ruanda; gli scontri si susseguono alternativamente tra di loro, contro Io e mia moglie Carmen siamo arrivati al Centro Don Bosco di Ngangi ad inizio dicembre; in quel periodo le nere cucine del centro arrivarono a preparare più di 4.000 pasti al giorno (polenta - fagioli - verdura - manioca - riso - cavoli o quel che c’era), per sfamare circa 300 ragazzi di strada ed ex soldato, 50 bebè con meno di un anno, 30 bimbi da uno a tre anni, una ventina di ragazze che hanno subito violenze, 1.200 alunni, 250 bambini malnutriti, 400 bambini profughi che studiano in tende improvvisate donate dall’Unicef, oltre mille bambini che vengono da campi profughi vicini per un pasto giornaliero e 180 dipendenti tra maestri, guardie, operai, babysitter ecc. Insomma, un bel movimento, aggravato dagli ulteriori 1.400 profughi a cui veniva dato olio, farina, fagioli e la legna per cucinare. |
![]() |
Grazie al sostegno della missione, viene pagato loro il trasporto (non hanno neppure due dollari) e dato un kit per lavorare la terra (pala, zappa, qualche semente) e poi partono ammassati con i loro pochi abiti stracciati, qualche pezzo di materasso, un paio di pentole e qualche bidone per l’acqua sui cassoni di grossi camion; partono allegri come se andassero in vacanza, dimostrando una voglia di vivere che, per noi, vittime della depressione, appare incomprensibile. Dopo i primi giorni di adattamento, stare in mezzo a questo caos, miseria, elicotteri sulla testa, gente che vive terrorizzata e senza mangiare, sembra quasi normale, ma non è normale vivere così, non è normale che noi sprechiamo il cibo, l’acqua, cambiamo le cose che abbiamo per sfizio e qui si muoia di fame, di malaria, di colera perché manca l’acqua pulita, si muoia per i vermi intestinali o di un’appendicite perché non si può comprare la medicina o pagare l’ospedale. Non è normale che ci sia una differenza abissale tra il 30% dei Paesi benestanti ed il 70% povero. Non è normale e non è giusto, perché siamo noi Paesi ricchi i principali responsabili dello sfruttamento dei più poveri, con gli occhi chiusi per non turbare le nostre coscienze. |
Foto e testo di Albino Pellegrino Per aiutare: - Banca Popolare Etica IBAN IT70F0501803200000000520000 - oppure ccp 88182001 Vedi anche: Fotoreportage di Albino Pellegrino R.D. CONGO: Alla svolta? |