SERMIG: preghiera per le due suore rapite

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


Questa sera alle ore 20.30 il Sermig prega per il rilascio delle due missionarie del Movimento Contemplativo Padre de Foucauld di Cuneo rapite la scorsa notte in Kenya.


a cura della redazione


mappa.gif Questa sera alle ore 20.30, con ritrovo in Piazza Borgo Dora (Torino) il Sermig dedica il tradizionale incontro del martedì alla preghiera per il rilascio delle due missionarie del Movimento Contemplativo Missionario Padre de Foucauld di Cuneo rapite la scorsa notte a El Wak, in Kenya.
Pubblichiamo la preghiera per Maria Teresa e Caterina scritta oggi da Ernesto Olivero.
Riportiamo le agenzie disponibili sull’evento ed una riflessione di Kizito Sesana sui rapporti tra Kenya e Somalia.
La comunità cristiana è una famiglia
Dove il dolore di uno è il dolore di tutti,
dove la gioia di qualcuno è la gioia di tutti.
In questo momento la comunità cristiana
prega incessantemente
perché Maria Teresa e Caterina sono nostre sorelle
e la loro comunità è la nostra comunità.
Preghiamo Dio, il Padre di tutte le donne e gli uomini,
l’Unico Dio,
preghiamo perché noi figli ci rispettiamo,
ci amiamo, ci aiutiamo.
Noi in Dio non siamo più neri e bianchi, del nord e del sud,
siamo suoi figli
e i figli tra loro si trattano come fratelli e sorelle,
come amici e amiche veri.

Ernesto Olivero
11 novembre 2008

PRIME RICOSTRUZIONI
“Intorno alla mezzanotte e mezza di ieri sera è squillato il cellulare dei nostri confratelli a Mandera, che abitano a 200 metri dalla nostra casa. La chiamata proveniva da Elwak, dal cellulare di suor Mariateresa, ma nessuno ha risposto. Abbiamo provato a richiamare, ma ancora non rispondeva nessuno, fino a quando un ufficiale di polizia nostro amico, ci ha confermato che erano state rapite”: lo ha detto una missionaria del Movimento Contemplativo Padre de Foucauld di Cuneo ricostruendo al telefono con la MISNA le modalità del sequestro delle due religiose rapite ieri notte nella località di Elwak, nel nord est del Kenya alla frontiera con la Somalia.
“Fonti della polizia e amici che lavorano nella zona ci hanno detto che oltre 200 uomini armati, a bordo di una ventina di macchine, hanno attaccato la cittadina durante la notte – ha proseguito la religiosa – e che i colpi d’arma da fuoco erano indirizzati principalmente contro la casa delle missionarie”. Oltre a rapire le due donne, secondo la religiosa, gli assalitori avrebbero “sequestrato altra gente, dei keniani, e rubato almeno tre o quattro macchine e furgoncini di organizzazioni umanitarie locali”. Maria Teresa Olivero

Secondo la missionaria, inoltre, la sparatoria è durata a lungo, “almeno mezz’ora e si è conclusa solo quando gli assalitori, a bordo delle macchine e dei camioncini, sono andati via verso la frontiera”.
Informazioni in parte confermate anche dalla ricostruzione ufficiale delle autorità keniane. Secondo l’emittente pubblica keniana ‘Kbc’, infatti le due suore italiane sono state portate via al termine di un attacco condotto da “oltre una ventina di banditi pesantemente armati” (così vengono definiti dalla polizia locale) che hanno attaccato anche alcuni edifici governativi in città.

Ancora completamente incerta l’identità degli assalitori: secondo alcune fonti, infatti, il gruppo di uomini armati entrato nella notte a Elwak proveniva dalla confinante Somalia, mentre secondo altre le violenze (e quindi anche il sequestro) potrebbero essere ricollegate alle tensioni tra due comunità locali del distretto di Mandera impegnate in una faida che va avanti da anni e che nelle ultime settimane ha fatto registrare un’impennata di violenze. “Il governo del Kenya una settimana fa ha cercato di disarmare le due comunità e lo ha fatto con mano pesante creando maggiore ostilità nella gente” dice una fonte missionaria contattata a Nairobi e che chiede di restare anonima.

Anche le consorelle delle due suore rapite, contattate dalla MISNA nel nord del Kenya, fanno sapere di non avere idea di chi possa aver compiuto un simile gesto. “Qui gira voce che gli aggressori provenivano dalla Somalia, ma è ancora tutto molto confuso. La nostra missione è qui da tanti anni, fin dal 1984 ci occupiamo di bambini malnutriti e malati cronici in questa zona povera a remota nella quale la popolazione è composta per la stragrande maggioranza da musulmani somali, con i quali abbiamo un ottimo rapporto” spiega la missionaria del Movimento Contemplativo Padre de Foucauld di Cuneo.

La suora conferma inoltre che “sono stati attivati canali di contatto tramite i clan e gli anziani delle tribù locali” gli unici, in questo momento, a riuscire ad ottenere informazioni precise circa i responsabili e il movente del rapimento. “Ci hanno dato la loro assicurazione che faranno il possibile aggiunge la suora, secondo cui i rapiti sarebbero stati condotti a Bar Dheera, località del sud della Somalia poco lontano dal confine col Kenya – ma per il momento non possiamo che sperare e attendere” conclude la religiosa, secondo cui i rapiti sarebbero stati condotti a Bar Dheera, località del sud della Somalia poco lontano dal confine col Kenya.
misna.org
Caterina Giraudo

CONFORTO DALLA POPOLAZIONE LOCALE
“Nonostante le molte voci in circolazione non sappiamo ancora chi abbia rapito suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Olivero. Nessuno si è fatto avanti, ha telefonato o rivendicato il sequestro. E non sapendo chi le ha prese diventa difficile dire il perché”: lo ha detto alla MISNA una consorella delle due suore italiane del Movimento Contemplativo Missionario Padre de Foucauld di Cuneo riferendo degli ultimi aggiornamenti provenienti dal terreno.
“Purtroppo nonostante siano stati attivati canali di contatto attraverso gli anziani delle comunità locali, non abbiamo ancora ricevuto notizie” prosegue la fonte secondo la quale “l’unica cosa che sappiamo con certezza è che sarebbero state portate nel sud della Somalia”.

Tanto le fonti religiose quanto quelle ufficiali evidenziano la grande fiducia riposta nella mediazione avviata dagli anziani delle comunità locali, gli unici in grado di svolgere un reale lavoro utile in un’area remota come quella di Elwak, piccolo e isolato villaggio del distretto settentrionale di Mandera a soli cinque chilometri dalla frontiera con la Somalia e negli anni divenuto uno dei punti di approdo per le migliaia di profughi fuggiti dal caos in cui l’ex-colonia italiana del Corno d’Africa è stata lasciata sprofondare. Proprio ad assistere questi civili disperati si sono dedicate per decenni le due suore rapite, presenti in quell’area del Kenya dalla metà degli Anni ’70. E proprio per questo oggi è stata la comunità di profughi somala la prima ad attivarsi per proteggere la casa delle missionarie ad Elwak e avviare i primi contatti per arrivare ai responsabili del sequestro.

“Man mano che passano le ore, l’ansia per la sorte delle nostre consorelle cresce ma ci stupisce la sensibilità con la quale la gente di qui ci sta dimostrando la sua stima e il suo affetto. Fin da questa mattina è in corso una processione di tutte le persone che vengono a dimostrarci il loro affetto e la loro vicinanza in questo momento difficile” concludono le consorelle di madre Giraudo e madre Oliviero contattate a Mandera e Nairobi.
misna.org
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STRATEGIA DIETRO IL SEQUESTRO?
Dall'inizio dell'anno in Somalia sono stati uccisi 24 operatori umanitari e ne sono stati sequestrati altrettanti, una quindicina dei quali è ancora nelle mani dei rapitori. Il 21 maggio nel sud erano stati sequestrati due cooperanti italiani del Cins, liberati il 5 agosto.
Secondo le ong dietro l'ennnesimo rapimento di missionari e cooperanti in Somalia - che per gli occidentali si risolve quasi sempre con una liberazione dopo il pagamento di un riscatto - c'è una precisa strategia politica, volta a colpire chiunque porti aiuto alla popolazione somala e a isolare sempre di più il Paese del Corno d'Africa.

La Somalia, devastata da quasi un ventennio di instabilità politica, nell'ultimo anno ha registrato l'acuirsi degli scontri tra le deposte Corti islamiche da una parte, ed esercito governativo sostenuto dalle truppe etiopiche dall'altra. Dall'inizio dell'anno il conflitto civile ha ucciso oltre 2.200 civili, portando il bilancio dei morti a più di 8.600 dallo scoppio della ribellione delle Corti nel gennaio 2007. Secondo stime le ong che operano nel Paese, oggi metà della popolazione somala, circa 3 milioni e 250mila persone, ha bisogno urgente d'aiuti d'emergenza.
ong.agimondo.it

PERCHÉ KENYA ED ETIOPIA DOVREBBERO
ANNETTERE E DIVIDERE LA SOMALIA

Il 4 ottobre scorso, nella pagine delle opinioni del Saturday Nation, che è il quotidiano di gran lunga più importante del Kenya, è stato pubblicato un articolo di Donald B. Kipkorir. Opinione importante, perché era di lato ai due editoriali, e perché l’ autore contribuisce regolarmente su temi di politica estera.
Il titolo è “Why Kenya and Ethiopia ought to annex and divide Somalia”. Quando l’ho letto pensavo si trattasse di una boutade, come a volte il Nation ama pubblicare. Invece no, è un pezzo estremamente serio, come lo sono di solito quelli di Kipkorir, e il titolo riflette perfettamente in contenuto dell’articolo, che è ancora leggibile nel sito del Nation.

In sintesi, l’articolo afferma che il continuo disordine in Somalia è un pericolo per il Kenya, che, giustamente, è da tutti considerato un alleato dell’occidente, e quindi un nemico fondamentale dei Paesi arabi. Annettere la Somalia è perciò nell’interesse strategico del Kenya, e questo è il momento opportuno perché il mondo è distratto dalla crisi economica. Una Somalia fallita potrebbe risucchiare il Kenya nel caos in cui è caduta. La proposta di Kipkorir è precisa: Kenya ed Eliotipia dovrebbero dividersi la Somalia usando il 4 parallelo come confine. Non ci saranno problemi, afferma il nostro autore, e esemplifica col precedente storico degli USA che nel 1845 hanno annesso il Texas prendendolo dal Messico senza che ci fossero reazioni significative (e adesso il “Presidente George W. Bush è orgoglioso di essere un Americano-Texano”). Tanto meno ci saranno problemi a convincere i legislatori somali, visto che quasi tutti vivono a Nairobi.La conclusione: il momento di annettere e smembrare la Somalia è adesso; Washington e Mosca ce ne saranno grati.

Sono andato a vedere sul sito del Nation le reazioni dei lettori: non ne ho trovata una positiva, né dai keniani né dai somali residenti a Nairobi. Anzi, quasi tutte sono rabbiosamente negative, e molti keniani sottolineano amaramente che il Kenya ha già i suoi bei problemi interni, come abbiamo visto quest’anno, e non è il caso di crearcene altri, e inoltre certamente il Kenya non può sognarsi di aver successo là dove hanno fallito gli americani e una serie di forze di pacificazione.

Parlavo di questo articolo con un gruppo di amici keniani, e alla fine, mettendo insieme altri tasselli come l’evidenza che il Kenya sta riarmandosi e che i mass media internazionali stanno riaccendendo l’attenzione sulla Somalia, ha prevalso l’idea che probabilmente questo articolo è solo il primo tassello di una campagna per promuovere una “soluzione locale” del problema somalo, preparando l’opinione pubblica keniana per una decisione che è già stata presa, non in Kenya. Sembra impossibile, ma che sia ciò che ci aspetta?
kizito.blogsite.org

a cura della redazione

Vedi anche:
APPELLO DEL SERMIG PER LE SUORE RAPITE

Comunicato pubblicato sul sito
del Movimento Contemplativo Missionario Padre de Foucauld

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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