Sveglia! È ora di rinascere.

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


“Quando mia moglie ed io siamo diventati mamma e papà”…

di Ernesto Olivero


Quando mia moglie ed io siamo diventati mamma e papà, ormai molti anni addietro, abbiamo cercato di capire come avremmo educato i nostri figli, come ci saremmo comportati da genitori. In fondo nessuno ce lo aveva insegnato, gli unici modelli erano le nostre famiglie.

Improvvisamente, da figlio diventi padre, diventi madre e rivedi te stesso quando eri piccolo: ti ricordi che non ti bastava mangiare, dormire, essere lavato, che volevi anche altro. Assisti stupito a ciò che accade quando da un atto di amore, da un seme donato e accolto inizia una nuova vita, un bimbo che crescerà e sarà un uomo.

Quali sono le prime cose che abbiamo vissuto quando i nostri figli hanno incominciato a camminare da soli, ad andare a scuola, a entrare in contatto con il mondo? Intanto ci siamo resi conto che non c’eravamo solo noi a dare indicazioni, c’erano anche “altri”: televisione, compagni di scuola, giornali… altri che molto spesso non si proponevano di farli crescere come volevamo noi.

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Una delle prime frasi che abbiamo iniziato a dire ai nostri figli, quando hanno avuto l’uso della ragione, è che la cosa più importante nella vita di ognuno è cercare di stabilire un rapporto con Dio, è imparare a credere. Com’ è difficile! Si inciampa in esempi poco edificanti, in scandali, si fa fatica, tanta fatica, ma nonostante tutto si può arrivare a credere in Dio.

Poi abbiamo speso molte parole per insegnare loro il dovere di diventare dei buoni cittadini, il dovere di amare la città dove sono nati, il loro Paese, il mondo; il dovere di frequentare la scuola e crescendo di pagare le tasse, azioni, anche queste, che richiedono impegno e fatica. Il dovere di imparare ad assumersi delle responsabilità. Ma – spiegavamo loro – “dovrete sforzarvi, perché troverete molti “furbi” che vi insegneranno ad evadere le tasse, a non rispettare le regole di convivenza, a cercare raccomandazioni”.

I nostri figli ora sono grandi, a loro volta hanno figli piccoli e si trovano a vivere le medesime difficoltà e gioie con cui ci siamo dovuti confrontare noi.

Ho letto in questi giorni i risultati di un’inchiesta sui giovani e sono emersi dei dati che già conoscevo. La stragrande maggioranza dei giovani non crede più in niente che non sia il proprio corpo, il proprio istinto, le proprie esigenze, il proprio punto di vista. Non ci si pone più il problema di un comportamento etico. Non mi pare che i giovani ambiscano a diventare buoni cittadini per migliorare la propria città, la propria nazione, il mondo; non mi pare che cerchino le strade della fede.

Il risultato – che è già sotto i nostri occhi – è l’aumento tra i giovani di suicidi, di morti per droghe varie, lo sballo del sabato sera, ma anche degli altri giorni. E gli smarriti diventano sempre più psicolabili perché il modello offerto dalla cultura dominante - avere, avere sempre di più, avere tutto ciò che si desidera, tutto e subito - non è alla portata di tutti. Così, ognuno si arrangia come può.

Continuo da tempo a porre questa domanda: quanti giovani devono ancora schiattare prima che usciamo dal coma delle nostre coscienze e cominciamo a pensare, a desiderare di rinascere? La domanda riguarda sia i giovani che gli adulti. Se c’è ancora un po’ di onestà in noi giovani e in noi adulti, dobbiamo ammettere che l’unica risposta possibile è quella di svegliarci, di metterci in discussione, di uscire dall’indifferenza per ricominciare, per provare a rinascere.

di Ernesto Olivero
da Nuovo Progetto aprile 2008

 

 

 

 

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