Un prete amico dei giovani
Pubblicato il 11-08-2012
![don Franco Delpiano don Franco Delpiano](/media/images/stories/foto2010/giugno/minidon_franco_6.jpeg)
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E continua: “Era uno di loro, fratello maggiore semplicemente; i giovani erano l’altra parte di lui! È sempre in gioco la testimonianza che scuote le persone. Così, pungolati dal suo esempio, i giovani si sono guardati attorno ed hanno risposto scoprendo i poveri, la necessità di fare qualcosa per chi soffre, il desiderio di regalare una fetta della propria vita agli uomini”. Don Franco ha fuso insieme i due ideali della sua vita: stare con i giovani e servire i poveri. Dal 1968, anno in cui si laurea in architettura dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1958, segue l’Operazione Mato Grosso, movimento giovanile a favore dei poveri, fondato da poco da don Ugo De Censi per aiutare la missione di Poxoreo (Mato Grosso).
A questo obiettivo iniziale presto se ne aggiungono altri e oggi l’associazione è presente in varie parti del mondo . Nel 1970 don Franco accompagna un nucleo di giovani presso il lebbrosario Sào Juliào, nei pressi della città di Campo Grande, nello Stato del Mato Grosso in Brasile, dove elabora i primi progetti necessari al risanamento del centro ed opera con suor Silvia Vecellio per creare l'Associazione di Aiuto e Recupero degli Hanseniani Gravemente ammalato di leucemia, deve rientrare in Italia, ma ritorna nel 1972 in Brasile per salutare gli amici e i pazienti dell'ospedale. Muore il 29 maggio dello stesso anno a Torino. Testimoniano la sua attività di architetto diverse opere come la Cappellina Madonna dei ghiacciai sul Monte Rosa, il Centro Giovanile di Pozzoleone nel Vicentino, il piano urbano di insediamento e la chiesa dell'Ospedale Sào Juliào.
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Ernesto Olivero ricorda: “Gli anni degli inizi del Sermig sono stati duri per me. Mi facevano sentire un intrufolato nel mondo della solidarietà e nella Chiesa. Perché questo intrufolato non era di sinistra, non parlava di rivoluzione sulla pelle degli altri ma sulla propria. “E chi è quello lì?”. Senza titoli. Un intrufolato, appunto. Così, ogni volta che trovavo uno sguardo che mi compativa o mi voleva bene toccavo il cielo… con lo sguardo. Don Franco Delpiano è stato un amico tra quelli che in quel periodo mi rassicuravano. Il suo sguardo penetrante mi incoraggiava.
Parlando di
me diceva: “Osservatelo! Farà strada, quello lì!”. Il 31 maggio 1972 don Franco Delpiano morì: leucemia. Il suo testamento: “Fate voi quello che non ho potuto fare io”. D’accordo con i miei amici sospendemmo tutti i campi di lavoro che avevamo programmato per fare un incontro rischioso dove ci mettevamo la faccia. L’incontro era programmato al Palazzetto dello Sport: 2 ottobre 1972. Nella testa avevamo già fatto una svolta: i Palazzetti eravamo stati capaci di riempirli con cantanti famosi.
Ora volevamo riempirlo per ricordare un amico. E chi veniva doveva cacciare la lira per i lebbrosari. Nessun nome di richiamo. Ugo De Censi, salesiano pure lui, fondatore dell’Operazione Mato Grosso, conosciuto solo dalla sua cerchia. E un complesso musicale, il Gen Rosso, anch’esso sconosciuto ai più. In poche parole, abbiamo fatto mille e mille incontri con parrocchie, gruppi, associazioni, singole persone: “Vogliamo onorare un amico”. Quella sera, nel Palazzetto, 7mila persone!”.
Parlando di
![don Franco Delpiano don Franco Delpiano](/media/images/stories/foto2010/giugno/minidon_franco_6.jpeg)
Ora volevamo riempirlo per ricordare un amico. E chi veniva doveva cacciare la lira per i lebbrosari. Nessun nome di richiamo. Ugo De Censi, salesiano pure lui, fondatore dell’Operazione Mato Grosso, conosciuto solo dalla sua cerchia. E un complesso musicale, il Gen Rosso, anch’esso sconosciuto ai più. In poche parole, abbiamo fatto mille e mille incontri con parrocchie, gruppi, associazioni, singole persone: “Vogliamo onorare un amico”. Quella sera, nel Palazzetto, 7mila persone!”.
a cura della redazione
foto archivio Delpiano/OMG
foto OMG