Pollo alle prugne

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig



Dopo il successo planetario di Persepolis, Marjane Satrapi torna con “Pollo alle prugne”

di Alessandro Del Gaudio 


A convincermi a leggere “Pollo alle prugne” di Marjane Satrapi sono stati due fattori: la mia amica Elisa, che già mi aveva prestato “Persepolis”, e il sottotitolo dell’opera, “Un romanzo iraniano”. Certo non fu necessario insistere più di tanto, avevo già avuto modo di apprezzare l’enorme talento della fumettista iraniana che è ormai, a pieno titolo, uno dei fenomeni mondiali della nona arte, anche grazie al premio Oscar per l’animazione che la versione cinematografica di Persepolis è andata vicino a vincere.
POLLO ALLE PRUGNE
La delicatezza della Satrapi sa davvero conquistare sia per il tratto grafico elementare, che analizzando meglio alcune tavole si rivela invece raffinato, sia per le storie dense di ironia e poesia. Forse prima che la sua opera si affermasse a livello internazionale poco si sapeva dell’Iran e della sua storia, a parte quanto riportato sui giornali. Con “Pollo alle prugne” l’autrice ci regala una storia quotidiana, una sofferta vicenda d’amore che vede come protagonista un artista, Nasser Ali. Esperto suonatore di “tar”, tradizionale strumento a corda iraniano, egli perde la voglia di vivere quando la moglie, durante una lite furibonda, spezza il suo. Nasser decide di comprarne un altro, ma nessuno sembra poter sostituire il suono perfetto del suo vecchio “tar”. Abbattuto e sofferente, l’uomo decide, allora, di lasciarsi morire e nell’incedere lento e inevitabile dei giorni ci racconta la sua storia di marito infelice e di figlio incompreso, presentandoci il fratello Abdi, la moglie Nahid, i suoi quattro figli. Dietro la musica del suo “tar” si cela, forse, un segreto, ed è scoprendolo che il lettore avrà modo di comprendere il livello qualitativo di questo capolavoro.

In poco più di 80 pagine si dipana una semplice vicenda personale che tocca tutto ciò che per un uomo rappresenta quanto di più basilare ci sia: la famiglia, l’amore, la realizzazione personale, i sogni. In poche parole, la vita. Ma nel farlo l’autrice parla anche della sua cultura, dei rapporti interpersonali, delle credenze locali, in un misto di realtà e sogno in cui lascia sospeso lo sfortunato protagonista della vicenda e tutti noi. Eppure, può un attimo di felicità, seppure vissuto in un passato lontano, addolcire tutta un’esistenza? È la domanda che ci si pone giunti all’ultima pagina.

Marjane Satrapi, dopo “Persepolis”, ci consegna, così, una storia meno autobiografica e più biografica, meno brillante ma più poetica, comunque indimenticabile.
Alessandro Del Gaudio
Da Nuovo Progetto novembre 2008

 

 

 

 

 

 

 

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