Ernesto Olivero incontra il "Papa atteso"

Pubblicato il 05-10-2013

di Redazione Sermig

Oggi 5 ottobre è una data particolarmente cara alla nostra fraternità perchè è il compleanno di don Luciano Mendes de Almeida. E, proprio oggi, a nome di tutta la fraternità Ernesto Olivero è stato ricevuto in udienza privata da Papa Francesco. Raccontiamo questo incontro attraverso l'intervista che ha rilasciato a La Stampa.

Olivero da Francesco: “Santità, Lei è il Papa che tutti aspettavano”

Il fondatore del Sermig è stato ricevuto questa mattina dal Pontefice: “Pregate per me e continuate nella carità”
di Roberta Leone

“Ho detto al papa che nella preghiera gli abbiamo dato un nuovo titolo: papa «atteso». Sì, perché veramente l’umanità aspettava un papa che parlasse come parla lui, un papa che facesse dei gesti come tanta gente se li aspetta”. Sembra di poterli vedere, Francesco, il papa dal sorriso disarmante, ed Ernesto Olivero, che della “bontà disarmante” ha fatto il motto di un’intera vita. Dal ‘64 ad oggi il sogno suo e di un gruppo di ragazzi ha trasformato la vecchia fabbrica d’armi di Torino in un Arsenale della Pace. Un “monastero metropolitano”, lo chiama Olivero. Una fucina di condivisione per chiunque bussi alla porta. Al Sermig (Servizio Missionario Giovani) tutti sono accolti, a casa.

Nel 1996 il Sermig arriva a San Paolo del Brasile, e quella che era stata “la casa del dolore” destinata agli europei in quarantena diventa l’Arsenale della Speranza per migliaia di uomini di strada. A Madaba, in Giordania, nasce nel 2006 l’Arsenale dell’Incontro per bambini e ragazzi diversamente abili, cristiani e musulmani.

Questa mattina, all’indomani della visita ad Assisi, il pontefice ha ricevuto Olivero in udienza e ha firmato l’immagine della Madonna dei Giovani, venerata al Sermig.



Olivero, come è andato l’incontro con papa Francesco?

“Per me è stato un incontro di preghiera, perché è nella preghiera che lo abbiamo preparato insieme a tutti i miei amici. E mi pare che il papa sia stato molto attento nel recepire il titolo che gli abbiamo dato e che abbia capito che il valore della fraternità del Sermig è la preghiera”.

Cosa ha potuto dire a papa Francesco a proposito del Sermig, come glielo ha raccontato?

“Non gli ho detto cosa facciamo, se non qualche parola. Ma gli ho detto le motivazioni e il fuoco che c’è dentro di noi per l’uomo e per Gesù, questo è stato il centro e il culmine dell’incontro. Poi abbiamo parlato della Madonna delle tre mani e io ho detto al papa che quando vorrà, gli racconterò questa storia durata dieci anni, la più incredibile della mia vita”.

Vuol raccontarcela?

“È una icona della Madonna arrivata dalla Russia, che all’Arsenale veneriamo come “Maria, Madre dei giovani”. A lei ci rivolgiamo con una preghiera che è stata firmata da tre papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e questa mattina, il 5 ottobre, papa Francesco. Si può dire, così, che l’Arsenale diventerà santuario mariano. Mi colpisce che papa Francesco abbia scritto la sua firma a caratteri piccolissimi. Mentre firmava, era l’immagine dell’umiltà”.

Il Papa ha chiesto qualcosa al Sermig?


“Mi ha chiesto più volte di pregare per lui. La preghiera, perché solo con la preghiera l’uomo può avvicinarsi con passione agli ultimi, solo avendo un incontro intimo con Gesù si può andare a sentire l’odore, le tragedie, i pianti della gente. E poi, ha chiesto di continuare nella carità. Non gli ho fatto vedere il nostro bilancio, gli ho soltanto parlato di come abbiamo iniziato le accoglienze. Quando siamo entrati all’Arsenale, eravamo un semplice gruppo missionario. E un ragazzo di diciotto anni, una di quelle sere durante un incontro, punta il dito verso di me e mi chiede: “Olivero, tu dove dormi questa notte?”

A proposito delle tragedie del mondo, ieri è stata la giornata del dolore per Lampedusa..

“Ieri sera a Torino abbiamo fatto una veglia di preghiera per Lampedusa. C’era il colore delle pelli di tutti. E nel silenzio e nel raccoglimento dell’Arsenale si pregava per questa povera gente. Noi la nostra linea l’abbiamo ribadita ieri sera ed è questa: che l’Onu, l’Europa debbano farsene carico. Ma anche alcuni paesi arabi, molto più ricchi dell’Europa, dovrebbero farsi un esame di coscienza. Questa gente non deve più partire, la dobbiamo andare a prendere in sicurezza. E quelle nazioni ricchissime devono investire anche in solidarietà. Queste cose bisogna dirle”.

Lei racconta che agli inizi del Sermig “avevate un sogno”. Qual è il suo sogno oggi, dopo l’incontro con papa Francesco?

“Che i giovani riprendano in mano la propria vita. Oggi i giovani non contano nulla, non sognano più. Bisogna risvegliare in loro la voglia di sogni. Perché anche quando sono disastrati, hanno ancora una purezza che il mondo degli adulti non ha più. Se risvegliamo quella purezza, è fatta, perché allora anche la politica, l’economia, la Chiesa avranno il sapore dei giovani”.





vaticaninsider.lastampa.it

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