Chiamati a costruire la “Civiltà dell’amore” (2/5)

Pubblicato il 31-08-2009

di Bartolomeo Sorge


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NATURA E DIMENSIONI DELLA CRISI PRESENTE

Nella crisi strutturale che stiamo vivendo per passare a una «democrazia deliberativa» partecipata, c’è bisogno di rafforzare i pilastri corrosi della «democrazia rappresentativa»: la persona, la solidarietà, la laicità.

di Bartolomeo Sorge S.I.

Occorre dire subito che quella della democrazia rappresentativa è un aspetto della più ampia crisi di cultura e di civiltà che caratterizza questa lunga transizione dall’epoca moderna all’epoca post-moderna. Applicando gli strumenti concettuali forniti dall’antropologia culturale, dobbiamo dire che stiamo vivendo una crisi non meramente congiunturale, ma di natura strutturale.

La crisi congiunturale è data dal cambiamento degli equilibri interni della società, ma senza variazioni apprezzabili del quadro generale della cultura e dei valori, sui quali si fondano le istituzioni che sostengono una determinata civiltà. Finché reggono la cultura e i suoi valori, reggono le istituzioni che su quella cultura si fondano (la famiglia, la scuola, il lavoro, il sistema politico…): ovviamente, gli equilibri si rinnovano a ogni mutare di generazione, ma rimangono all’interno del medesimo quadro di valori, della medesima civiltà, che può durare a lungo. Si tratta di crisi di natura «congiunturale».

Quando invece si trasformano la cultura e i valori su cui si regge l’equilibrio istituzionale, allora la crisi diviene «strutturale», le istituzioni non reggono più ma vanno riformate e ripensate. Finisce una civiltà e ne inizia un’altra. La crisi strutturale è fondamentalmente una crisi di senso della vita. La crisi oggi è appunto di natura strutturale: finisce la civiltà industriale, durata più o meno trecento anni, e nasce la civiltà post-moderna o tecnologica; è entrata in crisi la cultura precedente con i suoi valori. Finisce un’epoca e se ne apre una nuova. La crisi presente delle istituzioni (familiari, lavorative, scolastiche, di partecipazione politica come i partiti…) è strutturale, non solo congiunturale, perché è in crisi il senso stesso della vita.
papa.jpg Lo sottolinea Benedetto XVI: «A motivo dell’influsso di fattori di ordine culturale e ideologico, la società civile e secolare oggi si trova in una situazione di smarrimento e di confusione: si è perduta l’evidenza originaria dei fondamenti dell’essere umano e del suo agire etico e la dottrina della legge morale naturale si scontra con altre concezioni che ne sono la diretta negazione. Tutto ciò ha enormi e gravi conseguenze nell’ordine civile e sociale» (Discorso ai membri della Commissione Teologica Internazionale, 5 ottobre 2007).
Per queste ragioni di fondo è entrata in crisi la «democrazia rappresentativa», che ci eravamo dati dopo la caduta del fascismo e che tanti buoni frutti ha prodotto. In certa misura, essa è una «crisi di crescita», non priva però di aspetti assai negativi. Oggi i cittadini non si fidano più dei partiti e delle istituzioni democratiche; dubitano che essi siano in grado di tutelare la sicurezza dei cittadini, di garantire il benessere a tutte le fasce sociali, di liberare i territori del Paese dominati dalle mafie, di assicurare la rapidità della giustizia e la certezza della pena, di offrire servizi sociali che funzionino, di elaborare norme fiscali eque. In una parola, la cosiddetta «Repubblica dei partiti» è finita, non solo perché decapitata da Tangentopoli, ma anche perché, a causa del profondo cambiamento culturale seguìto alla fine delle ideologie, la vecchia forma-partito ideologica non consente più una vera partecipazione dei cittadini alla elaborazione della politica nazionale (Cost., art . 49). Non basta più andare a votare una volta ogni cinque anni! La vita democratica è stata ridotta a ingegneria amministrativa e a ricerca del potere fine a se stesso; i vecchi partiti hanno finito con disattendere il bisogno di relazioni umane, interpersonali e sociali, che è maturato nei cittadini. Oggi la società civile è cresciuta, non accetta più che il bene dei cittadini meno favoriti o emarginati dipenda dalla benevolenza dello Stato che interviene a ridistribuire la ricchezza prodotta (Stato sociale); chiede che i cittadini partecipino responsabilmente alla vita politica e siano inclusi attivamente nei processi di produzione e di ridistribuzione della ricchezza.
partecipazione.jpg Che fare per passare alla «democrazia deliberativa» o partecipativa? Occorre impedire che la politica resti in mano alla «casta», cioè a rappresentanti eletti dal popolo ma succubi dei poteri forti o di gruppi d’interesse, senza più riferimento alla volontà degli elettori e a spese del bene comune: «è indispensabile che la comunità civile si riappropri quella funzione politica, che troppo spesso ha delegato esclusivamente ai “professionisti” di questo impegno nella società. Non si tratta di superare l’istituzione “partito”, che rimane essenziale nell’organizzazione dello Stato democratico, ma di riconoscere che si fa politica non solo nei partiti, ma anche al di fuori di essi, contribuendo a uno sviluppo globale della democrazia con l’assunzione di responsabilità di controllo e di stimolo, di proposta e di attuazione di una reale e non solo conclamata partecipazione» (Commissione Ecclesiale Giustizia e Pace, Educare alla legalità [1991], n.17).

Tuttavia, bisogna stare attenti che il discorso sulla «democrazia deliberativa» non si riduca, a sua volta, al solo aspetto pragmatico e funzionale, cioè alla necessità di escogitare nuove tecniche di dialogo e di «inclusione» dei cittadini nelle decisioni, ma trascurando la parte fondativa o dei valori su cui la nuova forma di democrazia deve poggiare per essere solida. Per «ricostituzionalizzare» lo Stato, per passare a una «democrazia deliberativa» effettivamente partecipata, c’è bisogno soprattutto di una nuova cultura della partecipazione, rafforzando i pilastri corrosi della «democrazia rappresentativa».
Quali sono gli elementi fondamentali di questa cultura? La dignità della persona, la solidarietà, la laicità positiva.
 

di Bartolomeo Sorge S.I.


 

 

 

 

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